Cultura e Spettacoli

Fallire e poi rinascere nel mito di Buzz Aldrin

Nello sport, attività che nasconde, dietro il sorriso del «gioco», il ghigno crudele della competizione, si dice che «il secondo è il primo degli ultimi». Ma, nella vita? Nella vita è diverso, afferma Johan Harstad, astro nascente della letteratura norvegese, nel suo romanzo Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? (Iperborea, pagg. 464, euro 16,50, ottimamente tradotto da Maria Valeria D’Avino).
Nella vita, voler essere secondi è più che uno stile, è una filosofia. «Serve una forza di volontà immensa, e fortuna, e abilità per arrivare primi. Ma serve un cuore gigante per essere il numero due», scrive Harstad. Ed è l’eco del nicciano: «È bello osservare le cose, ma terribile esserle». Il protagonista e voce narrante del romanzo, Mattias, è nato sotto una cattiva stella, anzi sotto una cattiva luna. È nato, infatti, più o meno nel momento in cui l’Uomo metteva piede sul nostro satellite, il 20 luglio 1969. Ma il suo eroe non è Neil Armstrong, il primo, bensì Buzz Aldrin, il secondo. Ragazzo problematico, Mattias cresce in disparte: «Io facevo sempre un passo di fianco, allora, un passo indietro, aprivo il cerchio per fare entrare altre persone, cercavo di capire se avevo qualcosa da dire, ma non ce l’avevo mai». Vuole rendersi utile, ma senza disturbare. «Quasi tutti sognano di diventare una star. Ma quasi nessuno vuole esserlo. E io? Tremavo di febbre la notte. Sognavo cose che non vorresti mai sapere».
Così, nella natia Stavanger (ovviamente, la stessa città dov’è venuto al mondo, dieci anni dopo di lui, l’autore...), una volta fallito il negozio di fiori e piante dove lavora, e una volta che la fidanzata Helle lo ha lasciato, il Nostro accetta la proposta di un amico di fare una tournée con un gruppo rock alle Faroer. Mattias è un eccellente cantante, perché non sfruttare quella dote? Sulla nave che li porta lassù scoppia una rissa, e «scoppia» anche Mattias, nel senso che, una volta giunto a destinazione, finisce più o meno volontariamente internato in una specie di comune-laboratorio per gente con problemi psichici. Qui inizia la seconda vita dell’ex fioraio e (non)aspirante cantante. Sono pagine di rara intensità, che ci riportano a Qualcuno volò sul nido del cuculo e persino (certo, esagerando un po’) alla Montagna incantata. In questo mondo concentrazionario ognuno mette le proprie passioni e le proprie fissazioni al servizio del gruppo. Nessuno di loro desidera primeggiare, ma tutti sanno che «è più facile dimenticare quelli che sono intorno a te che non chi è già partito».
Per questo decidono, dopo alterne vicende, di approntare una «nave dei folli» destinata a una meta esotica. Il microscopico arcipelago non riesce più a contenere i loro cuori giganti.

Eredi di Buzz Aldrin, hanno finito la loro quarantena e salpano per una Terra incognita.

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