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Falsi laici: l’imbroglio intellettuale

Falsi laici: l’imbroglio intellettuale

Il vicedirettore del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, che è intellettuale di buone letture, segnalando il mio recente libro Laici. L'imbroglio italiano edito da Marsilio («I fondamentalisti laici alle crociate», Corriere della Sera, 24 aprile) dà l'impressione di non essere andato molto avanti nella lettura oltre la quarta di copertina, così preso dalla foga di dimostrare il teorema che «la cultura laica è finita, esausta» e «Laico è ormai un'etichetta vuota».
So bene che il recensito non replica al recensore. Ma in questo caso, avendo il privilegio di essere ospitato dal mio Giornale, mi permetto di segnalare che Battista propone notazioni che hanno poco a che fare con le idee, i concetti e le parole contenuti nel mio libro. Si comincia col dire che «in nessun altro paese del mondo libero (meno la Francia) esistono i laici». L'osservazione mi pare inesatta sotto molti aspetti. Basta ricordare che da duecento anni negli Stati Uniti si discute molto di secularism (termine inglese per laicismo), un nodo etico e politico da sempre al centro delle sentenze della Corte suprema, ragion per cui specialmente gli ultimi anni si è inasprita la divisione tra i fondamentalisti religiosi e laici liberali sia nella battaglia delle idee che nelle soluzioni politiche. Se volessi peccare di saccenteria, a Battista consiglierei un recentissimo bestseller del New York Times, «A history of American secularism» della «Pulitzer» Susan Jacob.
Ma è davvero così obsoleta la questione laica in Italia? Non mi soffermo banalmente sulla storia nazionale e sul peso della sede della cattolicità in Italia. Vorrei piuttosto riferirmi all'ultima stagione in cui hanno assunto centralità, anche e soprattutto politica, i cosiddetti temi «eticamente sensibili» con la contrapposizione dei punti di vista, per l'appunto laico-liberali e religioso-tradizionalisti. Il vicedirettore consulti la collezione del suo giornale dell'ultimo biennio e si interroghi se i contrapposti punti di vista sia nella dimensione filosofico-morale che in quella politico-legislativa, non siano tornati ad essere centrali sulla scena pubblica.
Di tutto questo, vale a dire di radici cristiane, embrione, pacs, procreazione assistita, scienza, religione e politica, Chiesa e Stato, mi sono occupato nel mio libro, tentando di rappresentare accuratamente le diverse posizioni tra cui quella che ho chiamata «neo-tradizionalista» con radici profonde che possono essere fatte risalire al de Maistre. L'imbroglio che denunzio riguarda alcuni intellettuali con idee storicamente anti-liberali e anti-laiche, i quali insistono nel volere seguitare ad essere considerati laici e liberali.
Per comprendere che la questione laica non ha nulla di ottocentesco, basta sfogliare il Corriere della Sera e leggere i contributi di alcuni dei più autorevoli editorialisti e collaboratori culturali. Leggendo quel che scrive Battista viene il sospetto che gli anacronistici laicisti (a cui sono assimilato) abbiano infiltrato anche il Corrierone assediando il vicedirettore che vuole farsi custode, anch'egli come gli alti esponenti della Chiesa, della verità di chi è e chi non deve essere considerato un «sano laico» e un «vero liberale». Da parte mia non faccio crociate (come quella intrapresa dagli epigoni di Lepanto) ma ripercorro la riflessione secondo cui in una democrazia liberale le leggi di uno Stato non possono ricalcare le impostazioni morali o religiose di una parte per quanto ampia della popolazione. La cultura liberale avrebbe dovuto insegnare che lo Stato neutrale non assume un determinato sistema valoriale ma favorisce il libero confronto tra le componenti religiose e culturali della società.
È ben strano che Battista mi accusi di non coltivare il dubbio dal momento che la mia riflessione è, per così dire, tutta dubitante: a me viceversa pare che sia proprio lui a emettere verdetti definitivi sulla morte della cultura laica. L'aspetto più preoccupante di questa tesi dei neotradizionalisti e dei loro supporter è però la corrosione del dialogo tra cattolici e laici che si è potuto sviluppare in Italia a due condizioni. Che laici e cattolici facessero ognuno la loro parte, e che i cattolici (così come i laici) mettessero da parte gli integralismi identitari accettando in politica il pluralismo etico ed i compromessi propri della democrazia liberale.
Gli atei devoti, i laici pentiti e i liberali bigotti stanno invece lavorando sul versante opposto per distruggere con il loro integralismo questo dialogo politico che può svilupparsi solo su basi liberali. Dispiace che il colto Battista che ha dedicato tante belle pagine agli «irregolari» laici che hanno tenuto in piedi la libertà intellettuale nell'era del conformismo (Rosario Romeo, Nicola Chiaromonte, Giuseppe Maranini, Mario Soldati, Ennio Flaiano) sia finito nel cul de sac del neo-tradizionalismo per dare addosso alla grande tradizione laica e liberale che non poco ha contribuito a rendere civile e moderno il mostro Paese.
m.

teodori@mclink.it

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