Ma la famiglia non è un’impresa Ecco perché pochi regolarizzano

Ma quanti cervelli molto astrusi seguitano ad abitare i nostri ministeri, scrivendo decreti mal dosati? Troppi comunque; e così distanti dalla vita, da non saper capire neppure gli italiani e le loro badanti. Eppure tutti le abbiamo intorno. E non ci sarebbe voluto un grande intendimento sociologico per vedere che le badanti sono in Italia ritorno atavico, a nessi familiari premoderni.
La badante certo si stipendia ma prima si ingloba accanto ai nostri vecchi in un’intesa che ricomprende l’ucraina o l’amerinda in una famiglia. Gli italiani danno loro casa, con un compenso che somiglia più a un nesso mezzadrile od omerico. Insomma la badante, per quanto deve fare di sentimentale, diventa più una di casa che una assunta. Il che rende perciò assurda l’idea di trattare le famiglie come delle imprese che assumono. Perché quella badante, che con largo arco del braccio porta a spasso il vecchietto col cervello intiepidito ma beato di toccarla, tutto è, meno che una dipendente globalizzata. Solo semplificando e senza un gran talento, si poteva pensare di sanare la questione come fosse una trattativa per gli occupati alla Fiat.
E infatti la sanatoria delle badanti è andata male. A quanto pare dai primi dati, solo un centomila domande, fino a ieri. Esito deludente confermato peraltro pure dall’entità delle domande per regolarizzare le colf.
Come del resto si poteva pensare, che andasse altrimenti coi vari requisiti prescritti? I vecchietti per i quali la badante è omericamente una di casa non sono intanto i più adatti a usare internet. Né vedrei i loro figli poi molto pronti a prestarsi ad assecondare il rischio di dichiarare un reddito di 20mila euro che altrove non risulta. Per non dire infine delle ore garantite. Pretese ragionevoli, si replicherà comunque dal ministero, in una società moderna e civile. Certo, eppure con questa replica si palesa la stessa debolezza delle idee di Gianfranco Fini, e di quanti pensano la vita collettiva solo in forma di società regolata dallo stato. Quando essa il più delle volte è invece una comunità. E vada per le sinistre, che da sempre sono troppo ignoranti per capire la differenza fra comunità e società detta da Toennies. Ma perché al Ministero non ci si è arrivati?
Occorrevano requisiti morbidi; il che non significava falsi o disonesti, solo adatti ai nessi appunto comunitari il cui centro è la famiglia. Invece la cosa si è trattata alla sindacalese, ovvero con quei nessi presuntuosi e freddi, che in Italia hanno fatto solo danni. Ogni comunità, fosse quella artigiana o dei medici o della cultura, è stata in passato erosa per esito di pessime leggi astruse, che hanno distrutto le funzioni vere. E ogni volta però surrogate da chiacchiere e arbitrii.
Insomma un esito del tutto sovietico, ma che la badante ucraina un po’ cicciona, che sotto casa regge con buon senso il suo vecchietto a spasso, del resto sa bene. Giovane nell’Urss, ha imparato quanto il suo sentire si sia dovuto per lo più mantenere clandestino, perché le leggi erano astruse, buone solamente per l’ideologia. Come appunto le idee di Fini sulla cittadinanza; di sinistra e quindi finte, perché adatte alla società, non a una comunità. Ma almeno il governo dovrebbe assecondare un’altra legalità più propria, comunitaria. Direi che si sono respirati forse troppi luoghi comuni.

Il cui esito eclatante sono del resto le multe paventate, fino a 40mila euro dell’Inps; per non dire delle denunce «ai datori di lavoro irregolari».
Un esito mal dosato; quando lo stato avrebbe invece potuto favorire un sistema legale e mutualistico, davvero coerente a famiglie e badanti...

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