Berlusconiano di ferro. Sottosegretario e votatissimo sindaco di Arconate.
Senatore Mantovani, perché incontrare i difensori del voto del Pdl?
«Per incoraggiarli. Presto a Milano ci sarà una nuova battaglia».
Solo a Milano o si vota anche per le politiche?
«Noi siamo comunque pronti. Non appena la campana suona, noi corriamo».
Per ora si è votata la fiducia, che tempo fa a Roma?
«Il Senato è una piccola isola felice, c’è grande accordo tra noi senatori».
Si vota o no?
«Noi ci auguriamo di poter concludere la legislatura».
A Milano il candidato sindaco è Letizia Moratti.
«Un sindaco che ha lavorato bene. Molto bene».
L’investitura è arrivata tardino. Problemi?
«Una candidatura dovuta. E per i milanesi sarà una grande opportunità».
Ci sono i finiani di mezzo. Rischiano di portarvi al secondo turno.
«Trovo ancora inspiegabile il comportamento di questi amici».
Perché inspiegabile?
«Da parlamentare europeo ero osservatore internazionale in Africa, Caraibi e Pacifico. Mai visto nulla di simile».
Che succede?
«Democrazie nuove, deboli. Eppure in nessun Paese del mondo ho visto un presidente della Camera che invece di essere super partes, fonda addirittura un partito».
Mica è un reato.
«Ma si può essere collocati in una posizione di quel prestigio a rappresentare la coalizione che ha vinto le elezioni e poi creare un movimento anti governativo?».
Non se ne parla un po’ troppo, dimenticando i problemi del Paese?
«Una situazione grave. Scriverò una lettera al presidente della Repubblica per segnalargli questa anomalia».
Fini avrà pur il diritto di esprimere le sue idee.
«Non di tradire il suo ruolo di garanzia. Andando contro chi lo ha eletto».
È riuscito a dargli del traditore.
«Io credo che la volontà degli elettori sia la linea del Piave che nessun eletto si può permettere di oltrepassare».
A Napolitano cosa chiede?
«Di porre rimedio a questo vulnus».
Manfredi Palmeri è un caso Fini a Milano?
«Mi interrogo. Stimo Palmeri, un ragazzo che ha sempre lavorato con convinzione all’interno del partito. Prima Forza Italia, poi il Pdl».
Avrà trovato un partito più affine alle sue idee.
«Un atteggiamento inspiegabile. Mi chiedo cosa dirà ai suoi elettori, come giustificherà il suo comportamento».
Giusto che si dimetta?
«Le dimissioni sono una scelta personale. Certo le ha chieste il coordinatore regionale Guido Podestà».
E allora?
«Allora forse sarebbe il caso di attenersi alla linea del partito che lì lo ha collocato».
Corteggerete l’Udc?
«Ma l’Udc in Comune fa parte della maggioranza. Ha un assessore, mi fa sorridere l’idea che vadano da soli».
A proposito di coerenza, Albertini cercava una candidatura in un altro partito con in tasca la tessera del Pdl. Che ha ancora.
«Gabriele Albertini è una persona intelligente. Non ho mai pensato che potesse candidarsi con qualcun altro».
A Palazzo Marino salta il numero legale. Ci sono problemi con le nomine?
«Le questioni di partito vanno risolte all’interno. Né sui giornali, né tantomeno nelle istituzioni. A farne le spese non devono essere i cittadini».
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