Farmaci e terapie

Sanremo, la memoria delle canzoni sopravvive alla demenza e all'Alzheimer

Sanremo, a quanto pare, non è solo "canzonette", come spiega il prof. Paolo Maria Rossini, dell’IRCCS San Raffaele di Roma, che racconta come le emozioni lasciate dalla musica, sopravvivono anche ad alcune malattie neurodegenerative

Sanremo, la memoria delle canzoni sopravvive alla demenza e all'Alzheimer

La musica come terapia, come profonda ricerca delle emozioni. Un filo conduttore che ci accompagna per tutta la vita, cementando ricordi. Nella settimana del Festival di Sanremo, dove la musica tiene banco nella quotidianità degli italiani, il prof. Paolo Maria Rossini, Responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele di Roma, rivela uno studio molto importante che lega le canzoni alle malattie neurodegenerative.

Le emozioni prodotte dall’ascolto di musica amata durante la giovinezza resisterebbero sia all’Alzheimer, che alla demenza. È infatti ben noto come l’ascolto musicale abbia effetti protettivi verso i processi di neurodegenerazione che sottostanno le varie forme di demenza tra cui la più diffusa e nota: l’Alzheimer”, spiega il professore. La demenza è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva compromissione di uno o più domini cognitivi, come la memoria, l’attenzione, le funzioni esecutive e il linguaggio. E proprio in questi giorni nella RSA del Gruppo San Raffaele, sono in corso laboratori di musicoterapia per la stimolazione cognitiva dei pazienti affetti da varie forme di declino cognitivo, attraverso l’ascolto di canzoni che sono state spesso colonne sonore della loro vita e di cantanti interpreti delle loro profonde emozioni.

Dal 2001 la musica è stata introdotta come tecnica non farmacologica per migliorare le funzioni cognitive e, in particolare, i disturbi comportamentali nei pazienti affetti da demenza, la sua efficacia terapeutica sembra basarsi sulla preservazione della memoria musicale anche in fasi più avanzate di malattia, grazie a cui il paziente con demenza sembra conservare intatte le abilità e competenze musicali fondamentali, intonazione, sincronia ritmica, senso della tonalità", continua continua il prof. Rossini.

Un lungo studio questo, basato anche su quello portato avanti della NorthwesternUniversity (Usa), realizzato in collaborazione con l’Institute for Therapythrough the Arts (ITA) e pubblicato su Alzheimer Disease and Associate Disorders, che potrebbe rispondere ad una domanda fondamentale per queste forme di malattie in cui la memoria viene cancellata; se la musica può essere considerata una valida alternativa anche per comunicare con pazienti nei quali la memoria linguistica e visiva sono danneggiate. “I circuiti cerebrali che sottostanno il linguaggio parlato/ascoltato e il linguaggio musicale sono in parte sovrapponibili, ma è frequente l’osservazione che a fronte di un danno consistente del linguaggio parlato, quello musicale e il canto di testi musicali sono molto meno danneggiati. La musica ha un effetto per lo più calmante nei confronti di sintomi comportamentali quali agitazione psico-motorie e aggressività in pazienti con demenza. Inoltre, i circuiti musicali hanno collegamenti molto stretti con quelli dedicati alla memoria" risponde Rossini.

Prof. Paolo Maria Rossini
Prof. Paolo Maria Rossini, Responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele di Roma

"In particolare - continua il professore - analogamente ai ricordi delle prime fasi della propria vita (infanzia e gioventù) che scompaiono per ultimi, anche i ricordi delle canzoni in voga negli anni della gioventù permane molto a lungo. Sentire e cantare queste canzoni, quindi, aiuta a controllare i momenti di agitazione e richiama l’attenzione del malato. Per motivi solo in parte chiariti, le memorie autobiografiche vengono maggiormente e più a lungo conservate rispetto ad altri tipi di memorie, ad esempio quelle derivante dall’osservazione di fotografie della propria infanzia o gioventù, nei malati di Alzheimer”.

Ovviamente è importante specificare che da questo genere di malattie non si può tornare indietro, e non può farlo purtroppo una canzone, ma di certo, il medley intonato martedì nella prima serata del Festival da Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Albano, ha sicuramente squarciato, anche se solo per una sera, quel velo di nebbia che cancella i ricordi e oscura la memoria, di chi soffre di questo tipo di malatttie.

E anche solo per questo è importante dire che Sanremo non è solo canzonette.

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