Il fattore umano di Silvio contro le Borse ciniche

Nell’operazione di salvataggio del Paese dagli speculatori, Berlusconi riscopre la sua arma più originale: il cuore. E spiazza i detrattori

Il fattore umano di Silvio 
contro le Borse ciniche

Nell’operazione di salvataggio dell’Italia bersagliata dalla speculazione, con l’intervento massiccio della Banca centrale europea, sono entrati molti fattori ma quello determinante è stato probabilmente il fattore umano (The Human Factor, fu il geniale titolo di Graham Greene per un capolavoro della letteratura di spionaggio portato al cinema da Otto Preminger) che torna a rivendicare il suo ruolo di protagonista sulla crisi finanziaria e persino sulla Storia, battendo per knock out le categorie dello spirito e quelle dei trattati di economia: adesso tutti si accorgono finalmente che non esistono entità astratte e immanenti come la finanza, i mercati, le monete e che dietro queste false astrazioni si muove soltanto l’umano burattinaio mosso dalle sue pulsioni elementari e certamente meno nobili, ma fondamentali, come avidità, il desiderio di vincere e di umiliare, di costruire e di distruggere, di guadagnare e predare.
E quindi non sorprende (ma in realtà dovrebbe sorprendere moltissimo) che in questo momento abbia avuto un ruolo fondamentale il fattore umano rappresentato dalla personalità del presidente del Consiglio. O meglio: l’altra faccia di quello stesso fattore umano che abbiamo duramente criticato per comportamenti di tutt’altro genere, e che è tornato in pista come uno strumento di lavoro: la sua maniacale cura dei rapporti umani e personali che costituisce la sua marcia in più (e talvolta il suo handicap). Con quello strumento è riuscito a concludere un’opera di persuasione molto vicina alla seduzione il cui risultato finale è stato che la ferrea trinità formata da Bce, Trichet e la Merkel si sono convinti a comperare, proteggere l’Italia e scoraggiare la speculazione. Certo il risultato non è stato raggiunto con le canzoni di Apicella o una batteria di barzellette, ma di sicuro il potere di ascolto, di persuasione e, diciamolo pure, la simpatia personale e umana di Berlusconi hanno giocato un ruolo politico con un risultato politico. Non è la prima volta che ciò accade e questa evidenza del fattore umano in politica rompe gli schemi e spiazza gli avversari.
Il punto è: proprio nel momento in cui tutto il mondo riscopre la rudezza primitiva e selvaggia dei comportamenti economici (ci si esercita sulla decadenza americana sostenendo oggi che tutto è cominciato con la deregulation che avrebbe scatenato gli istinti e il fattore umano nella finanza), in Italia si assiste ad un ritorno positivo del fattore umano come strumento politico ed economico. Del resto, leggendo le dichiarazioni dell’opposizione, si assiste a null’altro che ad una esibizione di umori e passionalità retoriche, visto che nessuno ha saputo o voluto o potuto presentare un piano di manovra alternativo e migliore, o anche di pari portata, di quello varato dal governo e firmato dal Presidente Napolitano.
Ora, ognuno può pensare di questa crisi quel che vuole: che venga da lontanissimo, nello spazio e nel tempo, oppure che abbia profonde radici nei vizi italiani di massa, e non soltanto di casta, come il parassitismo, lo statalismo, l’economia parallela in nero. Sia come sia. Il punto è che la nostra fragilità - umana - di italiani molto cialtroni in diversi strati e aree, è andata sotto schiaffo internazionale in compagnia di altre fragilità e di altri vizi stranieri.
Di fronte a queste falle derivate da antichi vizi la speculazione agisce come le colonie batteriche: dove c’è la ferita attacca, provocano febbri mortali aspettando di guadagnare dalla tua sofferenza e dalla tua morte. In questa situazione feroce, darwiniana, da colpi di clava, abbiamo rivisto in gioco un Berlusconi capace di portare a casa un risultato tecnico e politico in cui ha potuto spendere con successo la sua umana abilità a mediare, fare pressione, assediare umanamente, convincere, riscuotendo quel che aveva seminato con la sua prorompente personalità che nel bene e nel male lo rendono eccezionale e anzi unico sul palcoscenico della politica mondiale.
Naturalmente è improbabile che qualcuno gli darà merito di questa capacità, anche nelle sue stesse file che sembrano scompigliate e spesso impazzite, prese dalla tentazione di separarsi, distinguere, dividersi, «fare corrente». E questo atteggiamento fa parte esso stesso del complicato panorama del fattore umano dispiegato fra i poli della follia di mezza estate e quella dei mercati che praticano la guerra da corsa. Eppure si tratterebbe semplicemente di prender atto del fatto che se la febbre dello spread è scesa al di sotto della linea rossa, questo risultato è dipeso (anche e non soltanto, ma in misura determinante) dalla personalità di Berlusconi: quella stessa personalità - aggiungiamo noi che ne abbiamo scritto a lungo - che lo ha mal consigliato in altre circostanze e vicende.

Berlusconi insomma ci sembra in questo momento sia la prova che l’antidoto del primato del fattore umano sulla scena del mondo stordito dalle vecchie categorie hegeliane che ancora infestano il glossario politico. E questa non ci sembra una semplice curiosità, ma un ritorno alla realtà.

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