C'è una categoria di appassionati di Urbex che va oltre il concetto di reportage artistico. Usa piuttosto lo sfondo di fabbriche abbandonate, teatri in disuso o ospedali in attesa di essere abbattuti per inscenare storie di fantasia.
Magari, in mezzo a quelle macerie, i fotografi ci appoggiano una bambola scucita, un manichino, una sedia. E da quello spunto costruiscono una narrazione, che spesso diventa una vera e propria piéce da mettere in scena. Così fa Emanuele Bai, classe 1980, uno dei primi autori a pubblicare i suoi scatti sul sito Urbex Ascosi Lasciti. Tra questi anche quello del teatro abbandonato rappresentato nella foto qui a fianco.
Un piccolo palcoscenico che Bai utilizza come ambientazione per la sua storia di fantasia. Quella di un burattino di stracci «con le pietre al posto del cuore, la segatura nella testa, le gambe e le braccia di legno. I miei occhi - racconta - sono di vetro, la bocca è fatta di lana. Non ho orecchie, indosso scarpe di bambola ed un vecchio cappello rubato ad uno spaventapasseri». Nella storia, il burattino è rimasto chiuso in una soffitta impolverata per anni, da quando il teatro è rimasto lì, senza pubblico e senza applausi. Emanuele Bai, a differenza di molti altri amanti di Urbex, non svela il luogo esatto del teatro.
«Per me - spiega - fotografare i luoghi dimenticati è un percorso emozionale. Spesso, quando mi imbatto in un posto che mi affascina, non voglio nemmeno sapere la sua storia.
Né cosa accade realmente lì dentro. Preferisco inventarmi una storia, senza condizionamenti, ma seguendo solo suggestioni e quello che l'atmosfera mi suggerisce». E quando ti trovi di fronte a un sipario polveroso, la favola si scrive da sé.
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