Ferrante difende il Leonka sfrattato: «Resti dov’è»

All’apertura della nuova sede elettorale: «Se perdo le consultazioni dell’Unione farò il pensionato»

Sabrina Cottone

L’avversario da battere è barricadero e Bruno Ferrante mette su spiritualmente il «vecchio eskimo», quello che (narra la sua autobiografia) indossava nelle manifestazioni sessantottine. Quale miglior modo di sgambettare Dario Fo che diventare paladino dei centri sociali? Così ecco l’assist al Leoncavallo che si prepara a essere sgomberato: «Deve restare lì».
Dopodomani il centrosinistra è chiamato ancora ai seggi per le primarie che serviranno a scegliere il candidato sindaco. L’ex prefetto annuncia la sua solidarietà ai leoncavallini inaugurando la nuova sede del suo comitato elettorale, trecento metri quadrati in via Turati: 25mila euro di spese da qui a giugno tra affitto, telefono, fax. Il premio Nobel incalza al grido di «non sono un moderato» e Ferrante cerca di tenergli testa. Diffonde una reale e profonda convinzione che Leonka sia bello e bene: «Fa parte della realtà di questa città, appartiene alla storia del Milano. È nato nel ’73 e svolge anche una funzione di supplenza nei confronti di un’amministrazione comunale che non riesce a creare luoghi di aggregazione. Penso che le istituzioni debbano dare ai ragazzi del Leoncavallo una soluzione che non può essere lo sgombero».
In sostanza, invece di sgomberare bisognerebbe offrire i soldi per pagare l’affitto della sede di via Watteau. «So che la Provincia è disponibile» aggiunge. E infatti la sua proposta è straordinariamente simile a quella lanciata l’anno scorso da Filippo Penati, che aveva anche onorato il Leoncavallo del premio Isimbardi. La soluzione sarebbe una fondazione alla quale Ferrante promette di aderire da sindaco.
Ma Palazzo Marino è lontanissimo e prima di dare il via alla corsa c’è l’ostacolo degli altri tre candidati dell’Unione da battere. Lui ne è consapevole. «Se perdo le primarie? Farò il pensionato». È una battuta, ma dà l’idea del clima con cui si confronta con Milly Moratti, Davide Corritore e soprattutto con Dario Fo. Fa di conto sulle percentuali e spiega sotto quale soglia scatta la sconfitta: «Dal 51 per cento in su, direi che è andato tutto bene». Obiettivi ben diversi da quelli che ha fissato il segretario dei Ds, Piero Fassino, paragonando l’ex prefetto con l’ex professore, Romano Prodi. Ferrante non accetta neanche il confronto, mette le mani avanti: «A ottobre hanno votato centomila persone ma il rilievo era nazionale. C’è anche il problema del clima, con la neve che è di ostacolo soprattutto agli anziani. E poi il blocco del traffico». E il sindaco che è ancora indeciso se andare o no a votare Fo alle primarie? Ferrante non ci crede: Lo conosco come persona coerente fino a essere cocciuto nella sua determinazione a sostenere una tesi. Quella di votare Fo sarebbe una scelta incoerente».
Il prefetto tenta di mobilitare anche i Verdi. E il segretario regionale, Carlo Monguzzi, gli assicura il sostegno nonostante la candidatura di Milly Moratti e la libertà di scelta lasciata al partito: «Il nostro invito è a andare a votare. E già che siete lì, votate Ferrante». Il candidato ricambia chiedendo «targhe alterne da subito».

Ma le condizioni del sostegno verde sono che Ferrante assicuri alimentazione biologica nelle mense comunali, carta ecologica, lampadine e computer a basso consumo, scooter elettrici per i vigili, pannelli solari, bandi di gara che favoriscano le ditte che fanno innovazione tecnologica e certificazione ambientale. Parola di Monguzzi: «È il verde minimo».

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