A Ferrara i comunisti remano contro: la doppia sfida spaventa Franceschini

A Ferrara Rifondazione e Pdci invitano a non votare per il candidato-sindaco democratico. E anche alla Provincia il centrodestra può sperare. Il Pd ha perso il 25,7% rispetto alle Politiche del 2008

A Ferrara i comunisti remano contro:  
la doppia sfida spaventa Franceschini

Ferrara - Si favoleggia che Dario Franceschini abbia già pronta una lettera di dimissioni datata martedì 23 giugno: la firmerebbe se perdesse anche uno solo dei ballottaggi di Bologna e Firenze, capoluoghi rossi incapaci di eleggere un sindaco Pd al primo turno. E che cosa farebbe se perdesse anche uno solo dei ballottaggi della natia Ferrara? All’ombra del castello estense non si parla d’altro e non sono pochi quelli che vorrebbero fare lo sgambetto al segretario del Pd. A cominciare da Roberto Soffritti, sindaco comunista per 16 anni, l’unico finora costretto al ballottaggio: il suo avversario era proprio il candidato sostenuto da Franceschini. Ora Soffritti, vittima di una sorta di pulizia etnica interna, è leader locale oltre che tesoriere nazionale del Pdci. E proprio i Comunisti italiani, assieme a Rifondazione, hanno invitato pubblicamente i loro elettori a non ritirare le schede del ballottaggio.
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omenica e lunedì Ferrara potrebbe svoltare. Giorgio Dragotto, candidato sindaco del Pdl, mentre passeggia per il centro viene fermato e incoraggiato. «Anche solo cinque anni fa questo entusiasmo era impensabile», dice. Racconta l’altro pidiellino Mauro Malaguti, in corsa per la presidenza della Provincia: «Domenica ho fatto un giro per distribuire il nuovo materiale elettorale. Nei bar di Ostellato, Portomaggiore e di decine di località ho trovato un tifo da stadio, sembrava che la gente fosse davanti a una finale di coppa».
Lo scorso mese Franceschini è stato a Ferrara ogni settimana, come fece Berlusconi in Sardegna (la colazione in centro, la spesa low cost all’Ipercoop, un tour in campagna presso il Po, la biciclettata al castello con aperitivo in piazza). Per il ballottaggio tornerà venerdì. Finora non è stato di grande sostegno: il suo candidato sindaco, Tiziano Tagliani, ha raccolto uno dei peggiori risultati nella storia della sinistra a Ferrara (45,7 per cento). Tagliani è il suo «alter ego»: stessa provenienza (Margherita), stesso lavoro (avvocato). È genero di Nino Cristofori, una fetta di storia Dc. Per sei anni è stato vicesindaco di Gaetano Sateriale, ex sindacalista Cgil che non ha perso l’imprinting massimalista: in consiglio comunale ha dato del «megalomane» a un imprenditore, l’ingegner Roberto Mascellani (titolare di una grande impresa di costruzioni e membro della giunta di Confindustria), il quale voleva costruire strutture a supporto del nuovo ospedale. «Vuole piegare la volontà del Comune alle esigenze dell’impresa», ha tuonato il sindaco. Il presidente di Unindustria, Piero Puglioli, ha risposto con un documento molto duro che denuncia il «clima politico sfavorevole dovuto al persistere di antichi pregiudizi legati a retaggi di ordine ideologico».

Il mondo produttivo non è l’unico insofferente verso il centrosinistra ferrarese. Sateriale è un vecchio amico di Sergio Cofferati, e in Emilia Romagna di questi tempi non è proprio un bel biglietto da visita. Perfino «L’Espresso» definisce i due ballottaggi di Ferrara come «ad alto rischio». Il Pd ha perso il 25,7 per cento rispetto al 2008. Cinque anni fa Sateriale fu riconfermato al primo turno col 54,4, con lo schema Ds-Margherita-Prc; adesso Tagliani ha il 45,7 (Pd, Idv, laici riformisti, Sinistra aperta, Verdi) con Rifondazione che rema contro. La giovane veltroniana doc Marcella Zappaterra, candidata alla Provincia, ha toccato il 49,7: ma neppure lei ha margini di miglioramento.

Vento in poppa, invece, per il Pdl. Al comune Dragotto ha preso il 25,5 per cento sotto il simbolo Pdl e in vista del ballottaggio ha stretto alleanza con la Lega (10,2 per cento, voti triplicati, boom in provincia con il 15) e l’Udc. Accordi di programma sono in vista con alcune liste civiche, in particolare quella dell’imprenditore Giulio Giuseppe Barbieri che ha registrato il 9,6.

Così, a sommare tutti questi voti, il centrodestra riparte almeno alla pari. «Il dato certo - dicono Dragotto e Malaguti - è che la maggioranza ha votato contro un centrosinistra vecchio e sfiatato. Chi vuole il cambiamento è già in vantaggio».

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