La figlia di Camus: «Papà trasformato in missile anti Sarkò»

Quando un fil rouge si lega a un pied noir, la storia va à rebours. O, detto in italiano, a carte quarantotto. Sì, proprio dei «cugini» francesi stiamo parlando. Ma proviamo, per cominciare, così per gioco, a traslare la questione dalle nostre parti. Se anche a Roma ci fosse un Pantheon... no, non quello vero, il titolare, bensì un Pantheon sul tipo di quello parigino, dove riposano i grandi d’Oltralpe; e se Silvio Berlusconi, alla maniera di uno Chirac, proponesse di collocarvi le spoglie mortali, diciamo... di Pasolini o, meglio ancora, di Sciascia; ebbene, che cosa accadrebbe? Grosso modo ciò che accade in questi giorni in Francia. Polemiche, polemiche e ancora polemiche.
Un fil rouge, infatti, sta tenendo ben compatti gli avversari di Nicolas Sarkozy, reo di aver lanciato la seguente proposta: portiamo Albert Camus al Pantheon. Apriti cielo. Bieca operazione di marketing politico per risollevare la popolarità in caduta libera dell’Eliseo. Oppure: offesa a chi non avrebbe accettato il dono gentile ma interessato. Questi sono i toni più morbidi e i contenuti più argomentati di molte reazioni alla trovata di Sarkò. Insomma, quel pied noir (poiché nato in Algeria) verrebbe utilizzato da monsieur le président unicamente per volgari fini propagandistici, altro che fiore all’occhiello culturale. Fra chi protesta, oltre al leader centrista François Bayrou, al biografo dell’autore della Peste, Olivier Todd, e a Jean-Yves Guerin, autore del Dizionario Albert Camus, che definisce «anti-camusiana» per eccellenza la politica di Sarkozy, c’è il figlio dello scrittore, Jean, che ha bollato bruscamente la proposta come «un controsenso». Quindi, come accennavamo all’inizio, le cose paiono andare, appunto, à rebours, al contrario, controcorrente: un omaggio viene considerato un affronto. Ma l’immorale e scandaloso Huysmans, questa volta non c’entra. C’entra, piuttosto, una sorta di gelosia e di partito preso, quell’arricciare il naso tipico di certi francesi che ben conosciamo.
Tuttavia Catherine Camus, figlia di Albert, la pensa in modo diverso: «Stanno trasformando mio padre in un missile anti-Sarkozy», ha detto all’emittente radiofonica Rtl. «Sono una cittadina repubblicana e il presidente della Repubblica è stato eletto democraticamente. Per me, egli rappresenta il mio Paese», ha precisato la signora, saggiamente intenzionata a «sfilarsi» dalla diatriba. Tuttavia Catherine (la quale, detto per inciso, gestisce l’eredità del padre) ha anche aggiunto che il «trasloco» del genitore dal cimitero di Lourmarin, in Provenza, mezzo secolo dopo la sua scomparsa, avvenuta il 4 gennaio 1960 in un incidente stradale, è tutt’altro che scontata: «Le cose non sono affatto semplici».
Semplice è invece, anzi, scontatissimo, il richiamo a un altro autore che con Camus ebbe dapprima molto, quasi tutto, e poi pochissimo, quasi nulla, da spartire. Libération, guardacaso il giornale fondato nel 1973 dall’autore della Nausea, reagendo da sinistra alla proposta di Sarkozy ha tuonato: e Sartre allora? Lo stesso onore dovrebbe toccare anche a lui! Touché, potrebbe rispondere le président. E sarebbe un beau geste. Senza dubbio più bello di quello che fece Jean-Paul quando diede del «reazionario» all’ormai ex compagno Albert per colpa del suo L’uomo in rivolta, elogio del percorso individuale, e non più forzatamente collettivo, alla solidarietà fra gli uomini.
Camus scriveva: «Nel suo sforzo maggiore l’uomo può soltanto proporsi di diminuire aritmeticamente il dolore del mondo».

Ma senza un grande sforzo interpretativo possiamo dire che non fa onore, alla Francia, trattarlo da Straniero. Come il Meursault del romanzo omonimo, che finisce vittima del proprio cinismo, lo scrittore è ora vittima, a quasi mezzo secolo dalla morte, del cinismo altrui.

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