Il finale triste di Dsk: abbandonato da tutti

«Ci sono giornate, lui che era sempre così a posto, così elegante, così charmant, che non si fa nemmeno la barba. Si trascina in vestaglia dalla camera da letto alla cucina, pilucca qualcosa dal frigo, guarda un po’ di tele, e poi si siede, anzi si accascia davanti alla scacchiera. Pomeriggi interi giocando a scacchi da solo. Insomma: un momentaccio», dice chi lo conosce bene. Se poi scosta le tende, per vedere come va il mondo, quantomeno lo spicchio di mondo che si stende sotto le sue finestre, nella magnifica place des Vosges, c’è il caso che la depressione e l’incazzatura si accentuino. Come l’altro giorno, quando un bel gruppetto di femministe ucraine in topless, con secchi e scope in mano per evocare l’«affaire Sofitel», gli hanno urlato da sotto in su una serie di insulti sanguinosi.
Mai stato così solo, in effetti, Dominique Strauss Kahn, l’ex direttore del Fondo monetario internazionale. Importa poco che il giudice americano lo abbia lasciato libero, con tante scuse, per l’affaire della cameriera dell’hotel Sofitel di New York che lo accusava di stupro. Importa niente che sia finito in un’altra bolla di sapone lo scandalo sollevato a scoppio ritardato dalla giornalista francese Tristane Banon. Sarà anche «non colpevole», il vecchio Dsk, davanti alla Giustizia con la G maiuscola. Ma la sua conclamata e imbarazzante erotomania, anche a prescindere dal nuovissimo suo coinvolgimento in un giro di prostituzione basato a Lille (festini a luci rosse tra Parigi e Washington pagati da alcuni imprenditori quando Dsk veniva dato per sicuro sfidante di Sarkozy all’Eliseo) gli ha scavato il vuoto intorno. Perché la passione per la gnocca, in un’epoca in cui le signore si lamentano degli uomini accusandoli di scarso «entusiasmo» per l’articolo, va bene. Ma non quando stinge nel pecoreccio con venature porno. E non, soprattutto, quando il contorno è fatto di cameriere e puttane (cosa che urta il senso estetico e snobistico dei francesi, ancor prima di offendere il loro senso di giustizia).
Un Napoleone a Sant’Elena, ecco. Ma senza l’allure dell’imperatore sconfitto.
Da quando anche sua moglie, Anne Sinclair, se n’è andata nel suo romitaggio di lusso a Marrakech, dopo averlo difeso a petto in fuori l’estate scorsa, quando l’attacco mediatico era concentrico, gli «amici» si sono sfilati uno dopo l’altro. Compresi quelli che l’estate scorsa gridavano al «complotto politico», al giallo per togliere di mezzo l’unico «vero» sfidante di Sarkozy. Sparito è Michel Taubmann, il suo biografo ufficiale. Sparita la pasionaria Michèle Sabban, mentre gli altri esprimono costernazione, sconcerto, collera. «Sono molto arrabbiata, mi sento tradita, non voglio più sentire parlare di lui», dice la deputata socialista Marisol Touraine. Laurent Fabius parla di «tristezza», mentre uno dei suoi fan più accesi, Jean Christophe Cambadelis, non si è ancora ripreso. «Oggi -dice- non voglio né maramaldeggiare né scusarlo».


Lui, Dsk, se ne sta rintanato davanti alla scacchiera considerando la vita umana e il fato. Se si mettesse a scrivere le sue memorie, e qualcuno non glielo avesse rubato, il titolo sarebbe già bell’e pronto: «Una stagione all'inferno».

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