Roberto Scafuri
da Roma
Accomunati da un insolito destino in una domenica di giugno. Francesco Rutelli e Gianfranco Fini, dodici anni dopo, a parti invertite. Il radicale democristianizzato dai sit-in sullaborto ad alfiere del «no», anzi addirittura del «non possumus», dell«andate al mare», del «non si vota sulla vita». Laltro, il figlio prediletto di Almirante, il ragazzo dei «berretti verdi» tutto «Dio patria famiglia», punto di riferimento del fronte del «sì», dell«astenersi è diseducativo», del «si vota per la vita».
Tredici anni fa era una domenica di dicembre e i due si contesero il Campidoglio. Toccò proprio a loro, a Francesco e a Gianfranco, essere gli antesignani della nuova Repubblica bipolare, perché fu proprio attraverso quello scontro politico e culturale che si aggregarono su due poli forze disperse, smarrite, eterogenee.
Oggi quella partita si rigioca e, a ben vedere, oltre ai colori delle magliette invertiti, si possono scorgere progetti politici distinti e alternativi. Ironia della sorte, sullembrione in provetta si annida lembrione di unaltra svolta: un nuovo assetto delle coalizioni, un diverso crinale tra le forze in campo. Ma sarebbe banale e inesatto farne una semplice lotta sulle leadership, anche perché i contesti dei due poli sono molto differenti. NellUnione, per esempio, è evidente che la marcata scelta di Rutelli si proponga di porre in discussione Romano Prodi, già imprudentemente dichiaratosi «cattolico adulto». Un invito a nozze perché «o bello guaglione», con lavventatezza della giovane età, si facesse invece umile seguace dei dettami di Santa Romana Chiesa. Oggi lentourage rutelliano è certo che, di fronte a una vittoria dellastensione, lo stellone di Francesco detto «er Cicoria» salirà fino ad oscurare quello di Prodi. Passaggi successivi e dolorosi, spifferano i «Rutelli-boys», porteranno dalla caduta delloltrecotante Professore a quello che sembra lunico ticket «possibile» (o di gradimento della Margherita, se si preferisce): Fassino-Rutelli. Versione aggiornata del ticket del 2001 che darebbe allastensionista Rutelli il monopolio del rapporto con i cattolici.
Persino più complesso il terremoto che scuote la Casa dopo la scelta di Fini. Ha poco senso rifugiarsi nelle reazioni di un partito, An, certamente sconcertato, nel quale cè chi chiede al leader persino di iscriversi al Pr di Pannella. Nella realtà, una vittoria a sorpresa del «sì» lancerebbe Fini come leader di riferimento di una larga area del centrodestra, ben più larga dellormai logoro recinto di An. Qui sta la vera sfida del presidente di Alleanza nazionale che, ancora una volta, corre molto più avanti del suo partito e dei luogotenenti. Sarà pure un azzardo, una scommessa e un atto di «coraggio», come non esita a tributargli persino Bertinotti. Coraggio mirato, però. Perché come ricordava ieri Silvio Berlusconi - tredici anni dopo ancora e sempre «king maker» del centrodestra - «serve un nuovo grande soggetto politico, liberale, popolare e riformista, aperto alla società civile e associazionismo».
È questa della «casa comune dei moderati» lunica e ormai attuale prospettiva politica della Cdl. Che si chiami «Partito della libertà» o «Partito nuovo», il presidente di An sembra ragionare in questi termini. Sfodera il suo azzardo su un orizzonte avanzato, quando bacchetta lastensionismo di certi suoi colonnelli. Cerca di immaginare - e immaginare se stesso - quando il nuovo partito unico sarà cosa concreta.
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