Roma«Perché tanta fretta sulle intercettazioni? La Camera deve prima approvare la manovra e a fine luglio, forse più in là, si vedrà». Gianfranco Fini frena, mentre il Pdl è deciso a varare la legge entro lestate. Ora che il provvedimento approvato con la fiducia dal Senato la scorsa settimana sbarca alla Camera, il presidente mette tutto in discussione.
Ufficialmente, Silvio Berlusconi non reagisce, ma i vertici del Pdl fanno sapere che il testo approvato è «definitivo». Il premier, raccontano, è determinato ad andare avanti «ad ogni costo». «Si chiude - avrebbe detto ai suoi - e rispettando i tempi. Non posso certamente farmi ricattare su un punto votato allunanimità l8 giugno dallufficio di presidenza del partito, finiani compresi». Per il Cavaliere il ddl «non è più modificabile», devessere approvato entro la fine di luglio. «Altrimenti, se qualcuno vuole prendersi la responsabilità di far cadere il governo, si va a votare», sarebbe il suo ragionamento.
A Berlusconi non sono affatto piaciute le frasi di Fini: «Ne stiamo discutendo da oltre due anni, se ne può discutere ancora un po, facendo uno sforzo ulteriore per evitare polemiche e fraintendimenti, per avere un testo condiviso». Il presidente della Camera ha colto al volo lopportunità della manovra economica, in arrivo da Palazzo Madama ai primi di luglio. «I decreti - ricorda - vanno approvati e discussi in 60 giorni». Per Fini, dunque, il disegno di legge sulle intercettazioni non è in calendario per questo mese. Se ne parlerà «verso fine luglio o in un periodo ancora successivo».
Basta e avanza per mettere in subbuglio la maggioranza. Proprio questo temeva: che a Montecitorio il presidente e i suoi riuscissero a rallentare liter del provvedimento, proponendo nuove modifiche. Rinviare, magari a settembre, era quello che aveva chiesto il leader Udc, Pier Ferdinando Casini e il segretario Pd, Pierluigi Bersani, aveva avvertito la maggioranza che non poteva forzare le tappe comprimendo il dibattito.
Il Pdl, però, non ci sta. In una nota congiunta Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, presidenti dei gruppi di Palazzo Madama e Montecitorio, sottolineano che le modifiche già fatte hanno recepito proposte della società civile, delle minoranze e anche emerse «dal confronto allinterno della maggioranza e del Pdl». Come dire: che altro volete? Le nuove norme devono «entrare in vigore presto». Cicchitto, anzi, garantisce che il testo sarà legge «entro agosto». E il ministro leghista della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, sbotta: «La manovra è al Senato. Sarà, quindi, Palazzo Madama a decidere i tempi della manovra e non la Camera». Mentre il vicepresidente dei deputati Pdl Osvaldo Napoli, lancia a Fini unaccusa poco velata: «Dare la precedenza alla manovra, sarebbe prova di una direzione tutta politica e poco istituzionale dei lavori parlamentari».
La reazione è dura e compatta: respinge il tentativo del numero uno di Montecitorio e dei finiani di ottenere altri aggiustamenti, a costo di arrivare allautunno. Un nuovo rimaneggiamento comporterebbe un ritorno del ddl in Senato e Berlusconi è determinato ad evitarlo.
Laria di fronda si era capita dal mattino. Fini, in una lettera pubblica al capogruppo dei deputati Pd Dario Franceschini, aveva assicurato che avrebbe garantito il regolare svolgimento dei lavori. Poi, aveva discusso tempi e iter del provvedimento con Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia, dove il ddl da lunedì verrà esaminato. Mentre in unintervista Italo Bocchino aveva messo in guardia dai rischi di incostituzionalità del ddl, pur assicurando la lealtà dei finiani: «Non porremo aut aut».
Più tardi, ecco lannuncio di Fini sulla «priorità» di approvare la manovra. Lex leader di An sottolinea che sul ddl non può pesare il «sospetto di voler indebolire la lotta delle istituzioni alla criminalità».
Ad applaudire cè soprattutto il Pd, che parla di testo stravolto al Senato e della necessità di «ripartire da zero».
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