Fini gelido con l’ex ministro: «Francesco si commenta da sé»

Il transfuga di An: non eravamo in aula per protesta, ci escludono da tutte le televisioni. Poi si difende: «Mica era in gioco l’esecutivo...»

da Roma

È scurissimo in volto, Gianfranco Fini, ma pare c’entri poco il pensiero del portavoce di un tempo che fu. «Non me ne occupo, non me ne preoccupo - dice gelido il leader di An -. Il comportamento dei senatori della Destra in Senato si commenta da solo». Fa buon viso a cattivo gioco l’ex camerata inseparabile della Destra sociale, Gianni Alemanno. «Storace? È stato un fatto estremamente grave. Non so di preciso che cosa sia successo, che tipo di valutazioni abbia fatto. So soltanto che non avrebbe dovuto farlo. Ha anteposto i suoi interessi a quelli del Paese».
Guardati dagli amici, specie se «ex». Il Secolo, quotidiano che ha tenuto in fasce Francesco Storace (e lanciato l’intera nidiata dei dirigenti di An), nell’editoriale di oggi denuncia il «triste comportamento identitario» dell’ex governatore del Lazio che, con una «provvidenziale assenza» ha salvato Prodi. Anatema finale: «C’è un approdo scontato in Italia per i duri e puri, per i Turigliatto e i Rossi, ma anche, da ieri, per gli Storace e i Buontempo. Partono dando fiato alle trombe del massimalismo e dei valori immarcescibili e arrivano suonando il piffero a favore dei loro più acerrimi avversari...». Guardati anche dalle donne, però. Specie se «nemiche» dichiarate e se di cognome fanno Mussolini. Alessandra non perde il tiro al bersaglio: «Le mozioni della Cdl non sono passate per l’assistenza offerta alla maggioranza da alcuni senatori dolosamente assenti, che con il loro comportamento si sono assunti la grave responsabilità di mantenere in vita il governo. Usare il ricatto è sempre odioso, ma quando in gioco c’è il futuro del Paese è da irresponsabili...».
Ogni medaglia, anche la meno luminosa, ha il suo rovescio. L’autodifesa storaciana parte alle prime avvisaglie di bufera, subito dopo il voto incriminato, quando il leghista Castelli comincia a spargere sale sulla ferita («Prodi ringrazi Storace»). L’ex governatore fa così sapere che «Castelli non è informato e la mozione cui si riferisce non è stata fatta firmare a tutta la Cdl... Noi siamo stati assenti perché, come denunciamo da settimane, siamo assenti da Rai e Mediaset, senza che dalla Cdl ci sia stato uno straccio di solidarietà». Semplice dimenticanza? No, l’accusa è circostanziata: «Un partito, An, ci ha impedito di sottoscriverla». Più tardi Storace risponderà anche a Fini: «Ha ragione, io mi commento da solo, lui lo commentano tutti. E ancora ricordano il suo impegno a perdere in campagna elettorale, esattamente come ha preteso oggi...». Il giallo della firma alla mozione apre intanto un contenzioso tra la forzista Casellati, che sostiene di averla inviata, e lo storaciano Losurdo a ribadire: «Sì, 36 ore prima del voto con su l’avviso: “Voi non potete firmarla”». Strascichi che proseguiranno per l’intera giornata. Storace chiarirà infine di aver comunicato al telefono la sua posizione direttamente a Berlusconi. Assieme a Buontempo, cercherà poi di minimizzare gli effetti dell’assenza: «Mica era in gioco il governo...».
Vero. Ma la giornata di ieri a Palazzo Madama ha comunque messo in evidenza uno sfaldamento tale da far ritenere che il governo ormai non abbia più la maggioranza. Tesi condivisa dall’intera Cdl, e da Roberto Formigoni, incontrato ieri da Fini. «Quello che è successo magari non porterà subito alla caduta del governo - spiega il leader di An -, ma si è attivato un timing che porterà alla dissoluzione della maggioranza. Il governo è in stato comatoso. Questo non vuol dire che si vota domani, ma potremmo tornare al governo molto prima di quanto qualcuno pensi. Perciò non possiamo solo suonare la grancassa della protesta, ma dobbiamo fare anche proposte concrete». La prima delle quali sarà la manifestazione del 13 ottobre contro le tasse e per la sicurezza. Titolo inequivocabile: «Via Prodi».

Se non sarà proprio una «spallata», Fini pensa di poter imprimere «una scossa» con una mobilitazione senza precedenti «contro il governo della sinistra ma anche contro il sindaco di Roma, perché Veltroni non è certo più credibile di Prodi». Anzi, esorcizza il pericolo Fini, se i «romani lo conoscono bene, gli italiani non lo conosceranno mai come premier... Perché? Perché non lo diventerà mai».

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