Fini: sì alla bozza Bianco ma alleanze prima del voto

Riforma elettorale, l’apertura e le condizioni di An. Ma la Lega resta scettica: non c’è intesa

nostro inviato a Roccaraso

Tutti la chiamano «svolta», ma ognuno la spiega con un cambiamento di linea dell’altro. In realtà ieri, sia Forza Italia sia Alleanza nazionale hanno fatto un passo per accorciare le distanze sulla legge elettorale. E il risultato è che su una nuova bozza Bianco, opportunamente modificata, potrebbero convergere non quattro, ma cinque partiti. Tutto il centrodestra, per il momento senza Lega Nord, il Pd e Rifondazione comunista.
Teatro del dibattito, ancora una volta, Neve Azzurra, kermesse di Forza Italia in corso a Roccaraso. Dallo stesso palco dal quale ieri Pier Ferdinando Casini aveva dato la sua disponibilità sulle riforme, ha parlato il presidente di An Gianfranco Fini, che proprio per le aperture del leader Udc alla coppia Berlusconi-Veltroni era stato descritto come l’unico grande escluso dalla partita delle riforme. Ruolo che Fini ha subito mostrato di non accettare, rilanciando con un ultimatum. Un avvertimento rivolto esclusivamente agli azzurri, visto che Casini «è sempre stato coerente» in materia. Forza Italia è intenzionata a difendere il bipolarismo, pretendendo che nel testo di Enzo Bianco ci sia l’obbligo di dichiarare preventivamente alleanza e leader della coalizione? Pronta la risposta di Elio Vito, capogruppo di Forza Italia alla Camera e mediatore nella difficile partita delle riforme. «Berlusconi l’ha già detto, siamo favorevoli a impegnare i partiti ad allearsi prima del voto». Il vincolo di coalizione per il centrodestra diventerebbe un obbligo e non una possibilità, come previsto dalla bozza e come vorrebbe Veltroni, ha precisato Vito, nel caso un alleato la ritenga una questione dirimente.
Una «svolta» secondo il presidente di An. Mentre secondo l’azzurro la vera svolta consiste nel fatto che ieri, per la prima volta, Fini si sia reso disponibile a votare la bozza. E nel fatto che, pur continuando a sostenere la consultazione referendaria sulla legge elettorale, abbia precisato di non volersi «impiccare» al referendum. Quello che per Fini deve essere chiaro, sono le conseguenze di un’eventuale intesa senza An: «Non ci sarebbe più il centrodestra». Perché il requisito minimo per l’esistenza di una coalizione «è la condivisione delle regole del gioco». Le novità hanno portato ottimismo anche nel vertice del Pd. Il coordinatore Goffredo Bettini, vicinissimo a Veltroni, ha detto che il dibattito adesso è «nei binari giusti». Ma restano nodi importanti da sciogliere.
Con la Lega Nord, innanzitutto. Ieri il capogruppo del Carroccio Roberto Maroni si è visto a Roccaraso con Fini. E le conclusioni dell’esponente del partito di Umberto Bossi sono che «un’intesa ancora non c’è, nonostante non ci sia più tempo». L’opposizione della Lega non riguarda il vincolo di coalizione, ma il voto unico per uninominale e proporzionale, sul quale Casini si era dimostrato disponibile. Un’eventualità che i leghisti considerano forse peggiore di una vittoria dei sì all’odiato referendum, perché impedirebbe patti di desistenza e farebbe vincere solo i partiti maggiori.

Possibili problemi anche con il recupero dei resti. Che Udc e Lega vorrebbero nazionale, ma che Forza Italia continua a preferire sul collegio. Insomma, tutto si deciderà nelle prossime ore. E tutto dipende da quanto forte è la volontà di evitare il referendum.

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