Un fisco rigoroso ma che accompagni la crescita

Pubblichiamo una sintesi dell’intervento del presidente Ucina, Anton Francesco Albertoni, alle Assise di Confindustria

di Anton Francesco Albertoni*

Vorrei essere chiaro e diretto partendo dall’architrave: il Documento di economia e Finanza. È del tutto condivisibile la centralità della relazione stabilità-crescita contenuta nel def 2011. Ma è appunto un binomio, che al contenimento dei conti e della spesa deve abbinare lo sviluppo. Non c’è l’una senza l’altra. (...) È dunque necessario porre proprio la crescita economica come punto centrale dell’auspicata riforma fiscale, per consentire un ampliamento delle basi imponibili e quindi un maggiore gettito, piuttosto che l’incremento del prelievo. Per questo dobbiamo avvertire tutti l’urgenza di concentrare le risorse - e non solo quelle economiche - su poche e chiare questioni e su altrettanti selezionati comparti produttivi che possano trascinare il Pil di almeno due punti percentuali l’anno, con beneficio generale. La nautica ritiene di essere fra questi ultimi. È la quinta voce dell’export italiano, una delle grandi eccellenze del made in Italy, sia per la qualità della produzione, sia perché la barca rappresenta il contenitore-vetrina per altri comparti: dall’illuminotecnica al tessile, dalla pelletteria all’arredo. Senza contare l’indotto occupazionale del turismo nautico, che secondo il Censis genera un posto di lavoro ogni quattro barche. Non a caso nel dl Sviluppo abbiamo avuto uno spazio di rilievo, a cominciare da alcuni interventi di semplificazione e snellimento burocratico, tutti a costo zero, tutti capaci di generare indotto, occupazione, ma soprattutto importanti introiti per l’erario. Attendavamo da tempo questa attenzione, ma non è sufficiente. Il nostro comparto, infatti, sperimenta da vicino la concorrenza francese, dove una pubblica amministrazione efficiente e attenta si dimostra capace di essere vicino alle aziende. La competizione in questo caso non la fanno le sole imprese, non basta il prodotto, è il sistema paese a vincere. Questa è l’anomalia italiana, che diventa macroscopica se concentriamo l’attenzione sull’amministrazione finanziaria. Un solo esempio. Di fronte alle lacune normative e ai dubbi interpretativi della normativa fiscale - per esempio in tema di noleggio degli yacht - Ucina ha presentato un anno fa una richiesta di parere giuridico all’Agenzia delle Entrate. E mentre la seconda stagione è già iniziata, stiamo ancora aspettando una risposta. Oltralpe hanno posto i quesiti a fine dicembre 2010 e a febbraio scorso hanno ottenuto una circolare. In queste condizioni è impossibile intraprendere. Non ci sarebbe altro da aggiungere, se non fosse che il 10% del valore di queste unità viene speso ogni anno sul territorio per la loro gestione e manutenzione e che nel Mediterraneo opera il 70% della flotta a noleggio del mondo. Noi produciamo la metà di questa flotta mondiale, ma ogni anno vediamo gli yacht che vanno ad arricchire le coste di Francia, Spagna, Croazia, Montenegro, Turchia, Tunisia. Secondo Federagenti l’indotto ha registrato una perdita di circa un miliardo di euro solo nel 2010. Inammissibile. Poi c’è la politica di aggressione in chiave anti evasione, che ci vede vittime dell’equazione «barca uguale evasore». Parliamoci chiaro l’evasione è un problema serio del Paese, ma le politiche di contrasto devono essere affilate. È da considerarsi normale - vi chiedo - che una pur legittima indagine su un singolo yacht venga intitolata dalla Guardia di Finanza «no boat, no crime» e come tale data in pasto alla stampa, creando ripercussioni sulla stessa produzione industriale? (...) Dopo un anno la Commissione tributaria di Genova ha accolto uno dei primi ricorsi avverso il sequestro di una nave da diporto adibita a noleggio. La decisione è stata fondata sui medesimi principi posti alla base delle nostre - vane - richieste di chiarimenti. Chi pagherà i danni causati dalla interpretazione incerta e cervellotica delle norme? (...) Il fisco che vogliamo è sì rigoroso, ma anche capace di accompagnare la crescita di quei settori che possono produrre un vantaggio generale per l’economia e per il Paese. Per capire l’anomalia italiana basta vedere che cosa accade nei Paesi nostri concorrenti. La Spagna ha appena varato un registro navale speciale alle Isole Canarie, che presenta vantaggi fiscali.

Il governo di Malta ha fatto di più, ma è ancora una volta la Francia a mettere in campo un micidiale cocktail di normative snelle, fisco amico e infrastrutture efficienti. E l’Italia? Noi abbiamo aumentato fino a 8 volte i canoni demaniali per i porti. (...)
* Presidente di Ucina

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