Cronache

Flavio Costantini, un capitano dell’arte

La Tauromachia, gli Anarchici e la serie dedicata agli Zar. Il mare, ovviamente: dal Titanic, simulacro della caducità del moderno, al Porto di Genova. E poi Socrate, Calvino e l'amatissimo Kafka, senza dimenticare le tante illustrazioni per giornali, riviste e editori e i lavori nati in seno allo studio grafico Firma dove è tra i fondatori. È un mondo straordinario quello di Flavio Costantini (Roma, 1926, vive e lavora a Zoagli), un mondo che attende di essere vissuto, decantato e, perché no, anche sognato oltre i battenti di quel Museo dedicato all'amico di sempre, Emanuele Luzzati, a Porta Siberia. Qui, di fronte al mare - che Costantini ha solcato per anni come Capitano di Lungo Corso ma ancor più tra opere e letture - prende corpo la sua prima mostra antologica genovese, proprio il giorno del suo compleanno, inserita nel Festival della Scienza sotto il segno di quell'Alchimia che lo conduce alla Biennale di Venezia nel 1986. Mentre si spera che inauguri anche la prevista installazione sulla gru Heinrich Langer, la mostra al Museo (fino al 14 novembre 2010) dedicata a un artista «così estetico e così tragico» come scriveva Luzzati, è una splendida occasione. Scopriamo che «i suoi quadri non basta guardarli, bisogna leggerli, soppesarli, capovolgerli e poi riguardarli» come suggerisce Tonino Conte in uno dei testi che costellano il catalogo curato da Francesca Danovaro e Matteo Fochessati. Le opere di Costantini si muovono sul contrappunto tra la grazia della visione e la forza dirompente della vita e della storia. Puntuale, sintetico, inconfondibile il tratto marcato; perennemente messa in discussione la prospettiva in quanto forma, dalle suggestioni Liberty fino alla focalizzazione sullo spazio, con quelle campiture serrate che consegnano allo sguardo il compito di costruire la dimensione aptica. Muovendosi da un'attitudine all'indagine declinata nella costanza del processo seriale Costantini guarda al mito, alla storia, tra altezze e baratri. I grandi cicli vedono spazio e tempo sciogliersi insieme ai pregiudizi: così il torero diventa vittima e il popolo russo si macchia di omicidio suggerendo la permeabilità dei ruoli. E poi i ritratti, definiti «rebus» da Sciascia perché ogni elemento è indizio da leggere e ricondurre all'unità.

La mostra si conclude nelle Sale Cannoniere con «Una notte all'opera»: i ritratti di grandi compositori insieme a figurini e bozzetti di Luzzati salutano questa retrospettiva nel segno di una profonda amicizia.

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