Il Fli sul baratro: schiaffo dei senatori a Fini Il capogruppo a Palazzo Madama Viespoli si dimette contro la linea imposta dal leader, che ha affidato il partito a Bocchino Ma gli altri lo rieleggono: «Garantirà il posizionamento nel centrodestra». Gi

RomaAlle tre e dieci del pomeriggio il centralino della segreteria del senatore Fli Pasquale Viespoli squilla e a rispondere è Viespoli in persona: «Siamo in riunione, scusi». Clic. Racconterà poi il senatore di aver fatto il centralinista per errore alzando la cornetta d’impulso perché in quel momento «stavo incazz... nero». E con lui altri nove senatori di Fli. Arrabbiati al punto da farsi indipendenti, da disobbedire al capo Fini. La vivacissima riunione pomeridiana al terzo piano, negli uffici del capogruppo di Futuro e Libertà, è quella che ha sancito la nascita dell’opposizione interna a Fli. La fronda del partito ad appena 48 ore dal congresso costituente di Milano. La diaspora. I senatori di Fli ormai marciano per conto proprio, il loro Aventino è palazzo Madama e un atto simbolico ha sancito questo strappo clamoroso: Viespoli si è dimesso da capogruppo di Fli, da quella poltrona dove l’aveva collocato Fini, salvo poi essere rieletto nello stesso ruolo dai suoi nove senatori. Il messaggio è chiaro: non lavoro più per Fini ma per i miei uomini.
Tutto nella stessa giornata: dimissioni, elezione, schiaffo a Fini, dopo tre ore e mezzo di discussione dei dieci senatori furiosi nell’ ufficio di Viespoli. È stato proprio l’ex sottosegretario uno dei politici più spiazzati dalle nomine del presidente della Camera ai vertici del neopartito dopo la Costituente di Milano, ossia superpoteri a Italo Bocchino e Benedetto Della Vedova capogruppo alla Camera, con Adolfo Urso relegato nell’angolo del portavoce. Nomine che significano il rischio di una virata a sinistra della nuova destra. E invece i senatori di Fli vogliono rimanere «nel perimetro di centrodestra», sottolinea Viespoli. Questo nel merito. Ma quello che ha più bruciato - non solo i senatori, ma anche molti deputati, e alcuni europarlamentari - è il metodo adottato dal presidente della Camera, che dall’alto ha collocato uomini e attribuito ruoli.
E così la riunione in Senato è iniziata con qualche futurista che ha annunciato di volersene andare subito. Giuseppe Menardi ad esempio: «Io sono fuori». Ma anche il senatore Francesco Pontone, la cui insofferenza per l’estremismo dei falchi finiani non è un mistero. Una defezione e il gruppo potrebbe sparire, dato che dieci è il numero minimo per la sopravvivenza. Poi si è trovata la parola: sintesi. L’uomo di «sintesi», ossia Viespoli, garantirà a tutti i dieci senatori «la linea»: di centrodestra e moderata, altro che Bocchino. Non si distrugge ma si pongono condizioni vincolanti. Viespoli: «Rimango in Fli solo se rimane nel centrodestra».
Per procedere in questo modo è stata necessaria però la ribellione, ossia la riconsegna di Viespoli della nomina a suo tempo affidatagli da Fini. Ecco dunque un primo comunicato dagli uffici del terzo piano: «Mi dimetto, primo perché a suo tempo sono stato nominato» (da Fini). E secondo «perché l’organigramma definito successivamente all’assemblea costituente non è corrispondente al mandato che ho ricevuto dal gruppo del Senato», e non corrisponde al «posizionamento strategico di centrodestra emerso dall’Assemblea stessa».
Quindi la decisione di tutti i senatori futuristi di affidarsi al «ribelle», restando nel gruppo ma con un’autonomia totale: rielezione di Viespoli dal basso, «quale sintesi delle diverse posizioni e con il mandato unanime di assicurare il posizionamento politico nel centrodestra». Viespoli ha poi annunciato che non farà «parte dell’ufficio di presidenza del partito», per «coerenza con il mandato ricevuto dai senatori». Altro gesto di indipendenza radicale.
E Fini? Gelido, lontanissimo. «La linea politica è inequivocabile - è stata la sua reazione a quanto si apprende dagli stretti collaboratori - Fli vuole rifondare il centrodestra e l’organigramma è in linea con questa volontà». I rilievi sono «infondati». Ma il cataclisma innescato dal presidente della Camera con le sue nomine sta creando danni anche a Strasburgo.

I parlamentari europei di Fli hanno espresso una nota di «preoccupazione» per le tensioni interne al partito e hanno invitato Fini a ricomporre le contrapposizioni «partendo da criteri e principi chiari per individuare ruoli e responsabilità».

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