Roma - L’incontro era stato deciso da tempo. Nessuna volontà di piazzarlo all’indomani del voto siciliano, assicurano i sindacati. Ma la coincidenza tra la sconfitta del centrosinistra nell’isola e il tour di Cgil, Cisl e Uil nelle stanze dei bottoni non poteva essere più fortunata. I segretari generali si sono trovati di fronte prima un Romano Prodi più che disponibile a trovare un’intesa su pensioni e pubblico impiego, poi hanno incassato un sostegno non scontato dai leader di Ds e Margherita Piero Fassino e Francesco Rutelli infine hanno certificato la piena sintonia con il segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano.
Nella sede dell’Arel (scartato palazzo Chigi per sottolineare il carattere ufficioso dell’incontro), Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, non si sono fatti troppi scrupoli e hanno ricordato a Prodi che a questo punto il governo «non può fare a meno del consenso sociale». Visto che - sottinteso - quello politico sta scemando e potrebbe scivolare verso livelli critici alle elezioni del 27 e 28 maggio. E che i provvedimenti del governo - come ha sottolineato il segretario della Cgil - «andranno poi in Parlamento». Il risultato del vertice è stato interpretato dai leader delle confederazioni come una vittoria, anche se rimane il sospetto di una mossa preelettorale.
I tre «generali» non hanno ottenuto il «tutto e subito» evocato da Bonanni, ma hanno avuto l’assicurazione che un accordo si troverà sia sul contratto degli statali, sia sulle pensioni. Confermato il rinvio delle soluzioni a dopo le elezioni amministrative. Prodi punta a un’intesa «complessiva» prima dell’approvazione del Documento di programmazione economica e finanziaria. Ma il rinvio potrebbe anche essere più consistente perché, se sull’abolizione dello scalone (età pensionabile con 35 anni di contributi da 57 a 60 anni) il premier si è detto d’accordo con i sindacati, sui coefficienti le distanze rimangono anche con Fassino e Rutelli. Se la situazione non muterà (e tutto fa pensare che andrà così) quest’ultimo nodo potrebbe essere rinviato ulteriormente, con buona pace per l’ultimatum del ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa sulla previdenza. L’orientamento che ha preso il governo sembra quindi dare ragione a Rifondazione comunista che ha dato la colpa della sconfitta in Sicilia alle scelte di politica economica del governo. E ha individuato il responsabile dell’insuccesso proprio nel ministro dell’Economia. I sindacati non si sono spinti a fare analisi politiche. E non hanno chiesto esplicitamente le dimissioni del responsabile di via XX Settembre, ma se il temutissimo sciopero degli statali per il rinnovo del contratto indetto per il primo giugno sarà confermato e verrà fissato anche quello sulle pensioni, l’obiettivo di Cgil, Cisl e Uil sarà proprio il ministro. Che peraltro, osservano fonti sindacali, è stato difeso solo dal premier. Tiepidi i leader di Dl e Ds mentre con il Prc è stato affrontato esplicitamente il caso, trovando ancora una volta piena identità di vedute.
Se la disponibilità dell’esecutivo è solo una tattica preelettorale si capirà solo oggi. E per il sindacato l’indicatore resta la vicenda degli aumenti per gli statali che le tre confederazioni vogliono vedere risolta subito. Prodi in realtà ha compreso la vicenda nell’accordo complessivo da trovare entro luglio. Ma per Cgil, Cisl e Uil è troppo tardi. «Quando vedrò i risultati dirò se è andata bene o no. E questo si vedrà tra pochi giorni con il contratto degli statali», ha spiegato Angeletti.
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