Con Frigerio l’architettura è «slow»

Dopo slow food, slow fish, slow life è arrivato il tempo della slow architecture. «Frigerio Design Group. A journey in slow architecture» è il titolo della mostra itinerante che, partita da Firenze, approda domani allo spazio mostre Guido Nardi della facoltà di Architettura e società del Politecnico (via Ampère 2, da lunedì a venerdì h. 8,30-18, fino al 6 aprile, ingresso libero), dopo aver fatto scalo a Genova. La nuova filosofia del costruire nasce nella mente di Enrico Frigerio, fondatore e titolare dello studio, prima ancora che la filosofia della lentezza cominciasse a declinare i vari aspetti del vivere contemporaneo. «L’architettura - commenta Frigerio - è il risultato del processo di liberazione di vari ingredienti. La slow architecture è - per metodo, tempi e processi - al polo opposto della globalizzazione. Non esiste innovazione che non debba aderire al sito, al vigore e rigore delle radici, alla ricchezza irripetibile del costruire qui e non altrove: lentamente, progressivamente nel tempo». Un concetto che parte dalla profonda consapevolezza del potere che ambienti e costruzioni hanno nell’influenzare il nostro stato d’animo «spaziale», se così si può dire, e che di riflesso incidono più complessivamente sullo stato d’animo di chi in questi ambienti vive o lavora. Sono lenti i processi del fare architettura, un lavoro che implica un dialogo a più voci con il committente, con il luogo, con il cantiere. Promuovere dunque una diversa qualità della vita passa anche attraverso il valore civile e culturale del costruire. Un edificio non può prescindere dal luogo in cui sorgerà. Ecco che nel vocabolario di Enrico Frigerio entra a pieno diritto il concetto di sostenibilità: «La natura - continua l’architetto - rappresenta un modello insuperabile di sostenibilità nell’utilizzazione delle risorse, dove nulla è superfluo e tutto utilizzato e ottimizzato». E dalla natura e dalla cultura nostrana Frigerio trae spunto: quelle cascine toscane collocate sui poggi ed esposte al sole per catturarne l’energia, o le ville palladiane, con il loro sistema di aerazione a «costo zero». «L’appartenenza alla cultura locale e alla storia dei luoghi è fondamentale», chiosa Frigerio. La mostra si snoda attraverso otto progetti dove architettura sostenibile e progressiva sono rappresentati in maniera esemplare, valorizzati anche da tele sui cui sono stampate le foto di dettagli a grandezza reale. Gli uffici della Ras in via Oglio (1996-2001) per esempio, per i quali «si è ragionato sul rapporto utente/spazio alla ricerca di edifici ariosi e trasparenti. E si è progettato un serramento con davanzale basso e ridotti profili: l’interscambio spazio-luce consente un’ampia vista dell’esterno e un’abbondante illuminazione naturale degli interni». E come la palestra ecologica per il comune di Giussano (Mi). «Abbiamo dovuto costruire su un terreno che presenta un dislivello - spiega Frigerio -.

Di qui la prima novità: ridurne il volume incassando di un metro le strutture e interrando spogliatoi e servizi sotto due collinette verdi, che comporta anche un vantaggio termico di 4 gradi con risparmio d’inverno e fresco d’estate». Il resto è da gustarsi con assoluta calma.

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