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FUGA DA SAN SIRO

Tra filtri, controlli e paura risse, il Meazza è sempre più vuoto: solo 24.203 spettatori per Inter-Fenerbahce

Dentro l’Old Trafford, in Sir Matt Busby way, ce ne stanno al massimo 76.212, tutti seduti. Martedì sera per vedere lo United già qualificato agli ottavi contro lo Sporting Lisbona privo di stelle ce n’erano 75.172, tutti stampati su uno sfondo ammiccante di moquette porpora. Stessa ora, stessa Champions, a Milano per vedere l’Inter che cercava la qualificazione contro il Fenerbahce di Zico e Roberto Carlos solo 24.203 spettatori. In uno stadio che ne può contenere quasi ottantamila davano un colpo d’occhio mortificante. È stato così anche con il Psv nel primo incontro del girone e poi con il Cska. Ma cinquantamila meno di Manchester sono tanti.
Al Milan va un po’ meglio, quasi 10mila spettatori in più, ma sempre meno di quelli che frequentano gli altri stadi d’Europa. Lo Stoccarda, tagliato fuori dagli ottavi e anche da un eventuale ripescaggio in Uefa, martedì sera ha fatto più di 51mila spettatori in una partita senza storia contro i Rangers. In agosto al Lia Manoliu di Bucarest per vedere la Dinamo beccarne 3 dalla Lazio nel preliminare di Champions c’erano 70mila tifosi. Da noi gira in altro modo, si stanno convertendo anche i puri, quelli del rito, quelli che però dal vivo è tutta un’altra cosa: un milione e 654.356 telespettatori davanti al tv color per Inter-Fenerbahce, la più vista al chiuso, sebbene i prezzi dei biglietti fossero meno di 15 euro per un terzo anello dove non è vero che non si vede niente, una trentina per il secondo. A casa e senza il piacere del rito, perché si è tramutato in agonia. Fra furbate, divieti, daspo, curve chiuse, diffide e rogne varie, lo stadio è un concentrato di cialtroneria. E per farla franca ormai si fa così: si arriva allo stadio praticamente all’ultimo momento, circa mezz’ora, venti minuti prima dell’inizio quando i controlli sono meno assidui e scrupolosi, e anche i tornelli sono ben oleati e girano più velocemente. I tifosi a quell’ora sono più nervosi perché temono di entrare in ritardo e quindi squadrarli, perquisirli, fargli svuotare le tasche e chiedere un documento, dopo un paio di prefiltraggi, diventa sempre più complicato e rischioso. Gli steward poi tendono a non avere rogne, per quello che guadagnano è già troppo. Poi si punta molto sul malcontento degli anziani, quelli che fanno i crocchi, si mettono in circolo e si sentono i veri padroni dell’aia antistante lo stadio. Quelli sono molto tosti, se iniziano a brontolare per la fila anche gli steward si danno una mossa, accelerano le operazioni e fanno passare. Così si perde meno tempo ma così magari si entra anche con una tessera dell’amico senza aver fatto il cambio del nominativo o con un biglietto preso dal bagarino. Dentro poi non è esattamente come essere a teatro. Chi va allo stadio queste cose le sa. Fila per arrivare e fila per tornare, fila all’entrata e fila all’uscita, a piedi, in tram, in metropolitana, in macchina, le solite cose, fila al bagno e fila al bar, fila lungo i seggiolini per uscire dal settore. Poi magari ci sono anche le cariche e cose grosse. E non tutti se la sentono se nella peggiore delle ipotesi, e con un minimo di coraggio, si può raggiungere sottocasa il pub con megaschermo.

Anche se il nostro calcio ha vinto il Mondiale, anche se Milano ora è la capitale del calcio perché ci sono Kakà e Ibra.

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