G8, ecco le prove che i black bloc erano alla Diaz

nostro inviato a Genova

Forse è un bene, per la sinistra radicale, che la commissione d’inchiesta sul G8 non veda la luce. Perché quanto sta uscendo dai due processi di Genova è destinato a rivoluzionare la storia di quei giorni. Checché ne dica il pm titolare del processo-cardine ai poliziotti della Diaz, Enrico Zucca («sono tutti teoremi basati su dati inesistenti») le tute nere alla Diaz c’erano. A smentire il pm non è solo un collega magistrato, il sostituto Anna Canepa, che sostiene l’accusa contro i black bloc. Ma anche un devastante rapporto del Ros che il Giornale ha visionato e che stranamente, al processo-Diaz, non è mai stato acquisito. Partiamo dal pm Canepa che nella sua requisitoria ha evidenziato come il «blocco nero» protagonista dei disordini prendeva le mosse, oltre che dallo stadio Carlini, anche «dalle scuole Diaz e Pascoli». Sul punto, continua il pm, esistono decine di segnalazioni al 112 e 113 dei residenti che il pm Zucca non ha ritenuto meritevoli di convocazione in aula al pari di numerosi altri cittadini accorsi in procura a raccontare di come i black bloc nella Diaz albergavano, dormivano, si armavano di pietre e tubi innocenti, si vestivano di nero. I nomi dei testimoni oculari? Sono agli atti: Giuseppe T., Stefano A., Clara C., Elsa G., Calogero C., Guido F., Francesco F., Anna M., Maria S. e tanti altri. Come Paola A. («ho visto un gruppo di 15-20 giovani vestiti di nero e armati davanti la scuola») o Francesco F. («alla Diaz c’erano black bloc tollerati da quei sedicenti pacifisti»). Il dato è importante perché il «fattaccio» simbolo del G8 viene stravolto dalle risultanze investigative: alla Diaz c’erano i black bloc. E non è un caso che proprio da qui partì la sassaiola - anche questa ostinatamente negata dal pm Zucca - all’indirizzo di alcune volanti della polizia allertate dalle telefonate dei cittadini. Sempre sul «covo-Diaz» il pm Canepa ha depositato foto e filmati di black bloc «in quella scuola dove sono stati trovati numerosissimi indumenti di colore nero e le famigerate bandiere dei tamburini» che rullando e tenendo il tempo davano il ritmo agli assalti. Sempre alla Diaz - rivela stavolta il dossier del Ros - soggiornavano i cosiddetti «teatranti austriaci» arrestati dai carabinieri per le sassaiole in città e incredibilmente scarcerati dal Riesame con sommo dispiacere della Cassazione. A collegare i «teatranti» alla Diaz numerosissime foto-ricordo dentro la scuola nonché alcuni numeri di telefono di personaggi poi diventati testi-chiave dell’accusa (dall’anarchico Manolo Lupicchini all’insurrezionalista Francesca Bria fino all’infermiere del Gsf che - scrive l’Anticrimine - manteneva contatti con gli anarchici insurrezionalisti). E ancora. È sempre e solo il pm Canepa, oltre al Ros, a soffermarsi sullo striscione «Smash» (sigla della frangia più violenta dei black bloc) materialmente costruito e custodito dentro la Diaz. Come se non bastasse, il pm aggiunge: «Alle ore 11.16 del 21 luglio è segnalato alla Diaz il prelevamento di materiale contundente da parte di manifestanti». Ci sono poi svariate foto (dal reperto 6c al 12c, dal 27 al 35) ed intercettazioni che dipingono la Diaz come ritrovo di tute nere. Tra queste ultime spicca la telefonata di Anna Curcio, imputata per associazione sovversiva a Cosenza, indagata per aver organizzato la guerriglia urbana a Genova, e nonostante ciò considerata un «teste puro» dal pm Zucca («a volte la realtà si può vedere diversamente» si è difeso il pm genovese quando gli hanno dimostrato che tanto pura, come teste, la Curcio non era). Tra gli arrestati alla Diaz spunta il black bloc tedesco Georg Barringhaus, che il Ros immortala nell’assalto ai blindati dell’Arma in corso Torino. Tra gli identificati e fermati nel blitz alla Diaz ben nove tedeschi, due inglesi, tre spagnoli già noti alle forze dell’ordine per precedenti penali per danneggiamento, violenza, minacce, resistenza, blocco ferroviario eccetera. «È dunque pacififico - chiosa il Ros - che molti dei fermati (negli scontri, ndr) hanno soggiornato alla Diaz». Non c’è dunque da meravigliarsi se nelle loro requisitorie il pm Canepa e il collega Canciani hanno duramente criticato chi ha dato una visione univoca, distorta, dei fatti di Genova. Entrambi i pm hanno criticato quei «soggetti istituzionali» interessati solo ai no global maltrattati e non agli sbirri feriti.

Nel sostenere che le “tute bianche” non erano né pacifiche né pacifiste e che le cariche di via Tolemaide - cavallo di battaglia dei disubbidienti - non sono mai esistite, Canciani osserva che ben altra immagine-simbolo sarebbe dovuta passare alla storia: «Quella del blindato dei carabinieri, assaltato, incendiato con le molotov, con dieci militari dentro». Poteva essere una strage, ma nessun «soggetto istituzionale» s’è mai preoccupato di ricordarlo.
(1-continua)

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