Galliani spiega il secondo posto

Se la pubblicità è l’anima del commercio, la concorrenza, spietata, può diventare l’anima del nuovo Milan, rivoltato da Allegri a tal punto da far parlare della rivoluzione di novembre. Adriano Galliani l’ha puntualmente ricordato ai protagonisti inattesi e ai panchinari eccellenti fotografati a Bari (Inzaghi, Ronaldinho, Pato e Pirlo). «Ho notato anch’io che c’erano in panchina quattro grandi campioni» la sua osservazione, prologo a un altro paio di osservazioni, tutte mirate a difendere l’insindacabilità dell’operato di Allegri. «Quello che è successo a Inzaghi mercoledì notte, può succedere a chiunque altro, da un momento all’altro. L’ho detto proprio a Mario Yepes prima della sfida col Real. E infatti ha giocato a Bari» il primo retroscena offerto ai cronisti. Seguito dal secondo, riferito alla frase di Pippo Inzaghi pronunciata nel cuore della notte, alle telecamere di Controcampo («io voglio essere ancora protagonista, ho ricevuto un paio di offerte, mi do due mesi per decidere» la velata minaccia di lasciare Milanello a gennaio).
«Inzaghi non si muoverà: chi sceglie il Milan sa che deve sottoporsi all’onere della concorrenza» la risposta perentoria del vice-presidente vicario, l’uomo che ha portato Pippo in rossonero e, contro ogni pronostico, gli ha rinnovato il contratto a 37 anni per una stagione. Di qui il passaggio decisivo sull’operato di Allegri, assediato dai malumori di qualche escluso eccellente (Pippo appunto, Ronaldinho) non certo di Pato che ha rivolto il gesto polemico dell’orecchio teso nello stadio di Bari verso i tifosi rossoneri che lo hanno fischiato un paio di volte, non al tecnico. «Io sono in ufficio tutto il giorno, Allegri invece lavora a Milanello, noi ci fidiamo di lui e delle sue scelte» la frase del vice-Berlusconi che è una iniezione di cemento armato alla panchina del livornese.
Che nessuno tocchi Massimiliano, allora. E la benedizione del lavoro del tecnico è un indiretto cicchetto rivolto a Ronaldinho, finito tra le riserve a Bari, e destinato a rimanere nelle retrovie dei berlusconiani nonostante l’eccellente rapporto con Arcore e i discorsi aperti (molto teorici più che pratici; previsione personale: Dinho a fine stagione tornerà in Brasile) sul rinnovo del contratto che non possono prescindere dalle prove offerte in allenamento e non solo. All’età di Dinho, 30 anni appena, sono in discussione i suoi ritmi di allenamento («elettroencefalogramma piatto» l’osservazione di un addetto ai lavori) oltre che lo stile di vita, non certo il suo enorme talento. Per convincere Allegri ad abbandonare il nuovo equilibrio tattico raggiunto a Bari (centrocampo di corridori e lottatori, per intendersi, Pirlo sempre, più Gattuso, Flamini, Ambrosini e Boateng che ruotano, più Seedorf tre-quartista), Ronaldinho deve offrire prove complete di ritrovata efficienza fisica. La disarmante perfomance col Real Madrid è un punto di non ritorno, per lui. E se il fratello Roberto De Assis, riuscisse nell’opera di convincimento, Allegri sarebbe disposto a riabbracciarlo.


Oltre alla concorrenza, anche un prudente turn-over può diventare il segreto del Milan lanciato verso il derby con un pensiero gentile per le disgrazie interiste («Samuel è uno dei centrali più forti al mondo, per fortuna il ko di Maicon è di poco conto»). Col Palermo può rientrare Thiago Silva, Nesta dovrebbe rifiatare perchè spolpato dal numero di presenze consecutive. Può tornare anche Pato ma a condizione d’aver capito la lezione.

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