«Una gara per rilanciare i piccoli negozi in difficoltà»

Lo propone l’Unione regionale commercio per gli esercizi milanesi in periferia: «Servono fondi e consulenze per gestire le attività»

Andrea Fontana

Un nuovo bando per aiutare e rilanciare i piccoli negozi delle periferie. Quelli che più fanno fatica a reggere la concorrenza dei centri commerciali, ma per i quali la domanda da parte del consumatore rimane alta: il vecchio esercizio di vicinato non va mai fuori moda, anche se la sopravvivenza è spesso difficile. Nel 2005 sono state 1.800 le domande di apertura di nuove attività a Milano e 1.760 le cessazioni. «È necessario un bando rivolto ai negozi al dettaglio delle zone periferiche: un’iniziativa che comprenda dei finanziamenti a fondo perduto e un supporto di consulenza e formazione per gli esercenti nel gestire l’attività».
Proposta di Renato Borghi, vicepresidente dell’Unione Regionale del Commercio, che prova a declinare in chiave milanese il piano triennale del commercio appena approvato dal Pirellone, un programma che impone dei paletti alla costruzione di nuove strutture per la grande distribuzione e tenta di sostenere i piccoli negozi. Il suggerimento che arriva da Palazzo Castiglioni è replicare, magari con più risorse, la mossa già fatta nel 2002, quando un progetto promosso dal Comune e dalla Camera di commercio destinò oltre 400mila euro di finanziamenti ad attività in apertura nei quartieri più disagiati come Lorenteggio, San Siro, Villapizzone e Bovisa: 24 le imprese destinatarie dei fondi perché ritenute le più interessanti tra le 130 che avevano presentato domanda. «Milano ha una buona rete di distribuzione che regge il passo con quella delle capitali europee - commenta Borghi -, ma resto convinto che non tutto vada lasciato alle regole di mercato: chi è in difficoltà, come gli esercizi di alcune aree della città, va sostenuto o incentivato con interventi mirati». Non solo periferie, però. Il caso Taveggia, la pasticceria di via Visconti di Modrone, assediata dai conti in rosso rilancia il tema della tutela dei locali storici e del livello degli affitti. Secondo l’ultima rilevazione fatta da Fimaa Milano, il collegio degli agenti di affari in mediazione, i contratti di locazione mensili in centro vanno da una media di 4mila euro di Paolo Sarpi ai 23mila di Montenapoleone, passando per i 9.800 di corso Buenos Aires, i 10.400 di via Dante e i 12.500 di via Manzoni. «Per gli affitti, le istituzioni pubbliche possono fare ben poco perché nella maggior parte dei casi si tratta di contratti tra privati - spiega il vicepresidente dell'Unione del commercio -, certo il Comune potrebbe dare un segnale calmierando i prezzi degli affitti negli edifici di sua proprietà. Inoltre occorrerebbe un disegno di legge che agevoli le ristrutturazioni dei negozi storici».
Dagli esercizi di vicinato alla grande distribuzione. Il piano regionale 2006-2008 non dichiara guerra ai centri commerciali, ma pone dei vincoli precisi non solo alla concessione di nuove autorizzazioni, ma anche ai trasferimenti o agli ampliamenti che hanno già ricevuto l’ok. Le nuove aperture, per usare l’espressione dell’assessore regionale Franco Nicoli Cristiani, dovranno essere «a impatto zero»: saldo positivo tra i posti di lavoro creati e quelli persi per le chiusure di altri esercizi, collegamenti viabilistici che riducano le conseguenze ambientali, costruzioni in zone che permettano il recupero di territori degradati.
«Finalmente si introduce il concetto di sostenibilità socio-economica - conclude Borghi -. Soprattutto sui trasferimenti di attività commerciali già autorizzate bisognerà stare attenti: se un esercizio ha un’autorizzazione molto datata, ad esempio concessa dieci anni fa, dovrà essere di nuovo esaminata dalla Conferenza dei servizi, perché nel frattempo il territorio in cui si dovrebbe insediare è stato modificato e ha esigenze economiche e sociali probabilmente nuove.

Quest’attenzione prevista dal programma regionale è di grande significato in considerazione del fatto che, in Lombardia, si stimano in almeno 300mila metri quadrati le autorizzazioni all'apertura di esercizi della grande distribuzione già rilasciate, ma non ancora attivate».

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