Pechino - Spalti gremiti? Soltanto nelle radiocronache dei bei tempi. Se i cinesi sono un miliardo e mezzo, a Pechino si notano parecchi assenti, al punto che se il tignoso ministro Brunetta mettesse piede in una palestra, stadio, piscina e affini, potrebbe definirli «i fannulloni» dei Giochi olimpici. Così è, i nemici del capitalismo fanno i conti che non tornano. Hanno voluto l’evento, hanno incassato i miliondollari delle multinazionali, sponsor, fornitori, partner, televisioni, hanno venduto alle corporates migliaia di biglietti, sognando di vedere migliaia di api operaie, spettatori, negli stadi. Ed ecco il solito miraggio: tribune semivuote, gradoni, seggiole, poltrone deserte. Non è colpa dello smog, non c’entra la repressione del governo parademocratico, leggasi dittatura, l’orario delle gare, poi, è un fattore marginale. Il fatto è che gli sponsor hanno compiuto il loro delitto perfetto, l’ennesimo, come accade dalla fondazione dello sport in tutti i grandi avvenimenti internazionali (campionati dei mondo di calcio per incominciare); piazzano le loro insegne, cartelloni, slogan, neon in qualunque sito e venues, comprano un tot di biglietti, li distribuiscono tra i propri clienti e chissenefrega se poi questi evitano di presentarsi alle fasi eliminatorie, alle sfide tra scapoli e ammogliati, sulle tribunette della pallavolo o nei parterre del tiro con l’arco, tanto l’incasso è già garantito e il messaggio è stato recapitato sulla linea del cliente desiderato.
Gli organizzatori però ci restano di un male che non vi dico e gli atleti anche, quelli del beach volley, ad esempio, e le ragazze della pallacanestro hanno presentato protesta ufficiale perché è venuta a mancare l’atmosfera giusta, la ola e i fischi, gli applausi, gli insulti no, perché in Cina chi osa finisce orizzontale. Il capitalismo, dunque, ha fregato il regime che adesso protesta e si è preso una piccola vendetta non riuscendo (o volendo) a riconoscere un capitalista a denominazione di origine controllata. Dico di Bill Gates, terzo in classifica cosmica tra i ricchi, 58 miliardi di dollari come patrimonio definito e non definitivo, accumulato nel colosso, la Microsoft, ideato e costruito 33 anni fa e lasciato, come presidente dimissionario, nel giugno scorso. Mister Gates si è presentato all’ingresso del Cubo d’acqua, la piscina olimpica, ma nessuno se l’è filato, avendo la faccia di un americano qualunque, che non si può ricordare mai, ha dovuto mettersi in coda, allineato e coperto, come un comune mortale titolare di un ordinario modello fiscale unico, i cinesi gli ronzavano attorno senza nemmeno chiedergli l’autografo, che nel caso suo sarebbe virtuale. Gates ha visto le gare di nuoto ma ha detto di essere rimasto affascinato dal volano che nei Giochi dell’Olimpiade chiamasi badminton. Chi non ci ha giocato da piccolo, inseguendo con la racchetta leggera quel piccolo cono di rete plastificata che andava dove voleva e volava lui e non dove l’avevamo sbattuto noi? Bene, Bill Gates è uno di questi, tutto preso da «copia e incolla» e «control alt» non se n’era accorto e lo ha scoperto all’età di 53, quasi, anni preannunciando che tra poco avremo un nuovo iscritto al club del badminton, un miliardario pronto per i Giochi di Londra. Lo stesso Gates capitalista verace per i cinesi e non soltanto, ha accettato di schermare il portale internet Msn in Cina, di purificarlo alle esigenze dell’ideologia comunista; dunque è severamente proibito e sconsigliato digitare le parole «libertà», «diritti umani», «democrazia», che vengono ritenute oscene e inopportune. E davanti alle quali si suggerisce di riprovare, ma con termini diversi, posso presumere purga o carro armato. Gates ha capito che davanti a 90 milioni di navigatori è meglio non insistere, del resto il «cestino» è un’icona molto interessante, se la pecunia non olet i dollari hanno un profumo delicatissimo, anche se arrivano da sotto la Muraglia. Prima di lui anche i colleghi di Yahoo! e Google avevano aderito alle richieste del governo cinese, il mercato è molto più logico della coerenza e della dignità.
Intanto da buon capitalista Gates si è messo in coda, facendo finta di essere un uomo del popolo, così come aveva deciso di farsi fotografare spupazzando i bambini africani affamati, così ribadendo la propria immagine di mister computer con il cuore di un angelo, amato dal mondo. Ma non riconosciuto a Pechino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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