Gaucci junior: "Ecco gli affari del clan Tulliani"

Il figlio dell'ex patron del Perugia: "Erano una famiglia normale, nemmeno benestante. Dopo i sei anni di fidanzamento con mio padre, Elisabetta e i suoi sono diventati miliardari". Prezzi alle stelle a Montecarlo: solo Giancarlo ha fatto bingo. 

Gaucci junior: "Ecco gli affari del clan Tulliani"

Nuova elettrizzante puntata della guerra dei Ro­ses in casa Gaucci-Tulliani. Come e quanto parla, Ales­sandro Gaucci, figlio di Lu­cianone, manager di calcia­tori importanti. Parla all’in­domani dell’intervista al Giornale del papà intenzio­natissimo a lottare per ave­re indietro tutti i beni oggi in mano alla famiglia Tullia­ni. Dice la sua, Alessandro, sui parenti di Elisabetta e su di lei,l’ex compagna di scuo­la diventata la fidanzata di papà e poi del presidente della Camera. Alessandro, che idea si è fatto di questa saga estiva che ha per protagonisti suo padre, l’ex fidanzata Elisabetta, il fratello Gian­carlo e Gianfranco Fini . «L’idea che si sono fatti tutti in Italia».

E cioè?
«L'idea di una persona, mio padre, che è stata raggi­rata da un’altra persona e dalla sua famiglia. Tutto qui, è molto semplice e line­are » .

Lei l’ha vissuta da vicino quella storia d’amore fini­ta a carte bollate.
«E l’ho vissuta sì, purtrop­po. È stata (Elisabetta, ndr ) sei anni in mezzo, e non è stato bello. Un inferno».

Come giudica l’iniziativa di suo padre per tornare in possesso dei beni oggi in mano ai Tulliani, che lui giura siano di sua pro­prietà?
«Se l’ha fatta è perché cre­de di avere ragione. Io non lo so perché con Elisabetta ci viveva lui. A rigor di logi­ca sì, è anche possibile che tutti quei beni possano fare le fine degli altri beni confi­scati. Secondo mio padre la provenienza è la stessa».

Dunque la pensa come suo padre sul patrimonio immobiliare contestato?
«Io sono convinto che gran parte di quel patrimo­nio provenga dai soldi e dai regali di mio padre per il suo fidanzamento con Elisa­betta. Il quantum non lo posso stabilire ma quel che è certo che i Tulliani erano una famiglia unita, una sor­ta di clan, nemmeno bene­stante, ma una famiglia, co­me dire, normale. Se uno ve­de come stanno messi oggi, con le proprietà che hanno, era impossibile che potesse­ro avere l’opportunità e le possibilità finanziarie per arrivare a detenere un patri­monio del genere. Se poi ci sono riusciti con gli anni, non lo so, ma che lavoro hanno fatto, lei, il papà, il fratello, per diventare im­provvisamente miliarda­ri? » .

Sulla schedina del supere­nalotto da due miliardi che idea si è fatto?
«Non mi posso essere fat­to alcuna idea perché lì c’è la certezza che la schedina l’ha vinta mio padre, tanto è vero che ricordo che quel giorno mi chiamò subito, appena apprese dei due mi­­liardi, e mi disse che voleva regalarne una parte, la me­tà credo, a Elisabetta. Gli dissì vabbè, fai tu, se pro­prio ci tieni...Certo poi quando leggo delle inven­zioni che dice Elisabetta, re­sto senza parole».

La signorina Tulliani so­stiene l’esatto contrario. Giura d’averla vinta lei la schedina.

«E che altro deve sostene­re? »

Senta Alessandro,lei la co­nosceva bene Elisabetta…
«E come non la conosce­vo? Andava a scuola con me al «Nazareno» di Roma. Era un anno avanti, poi l’ho vi­sta spesso perché ero amico di alcuni ragazzi che la fre­quentavano. Ci vedevamo il fine settimana con una co­mitiva. Ah, poi ci tengo a smentire che io e lei siamo stati fidanzati. Se qualcosa c’è stato magari c’è stato con mio fratello, con me no di sicuro».

Adesso la procura di Peru­gia ha aperto un fascicolo su questi benedetti immo­bili. È un troncone della vecchia inchiesta che ri­guardò anche lei e suo fra­tello.
«Noi abbiamo chiuso tut­to con un patteggiamento tre anni fa. Questa è un’al­tra storia, tutta da scrivere. Vediamo come evolve».

Lei era amico di Giancarlo Tulliani…
«Amico? Ma quale amico. L’ho conosciuto bene lui e tutta la sua famiglia. Gian­c­arlo era un tipo molto parti­colare e ha avuto un ruolo determinante, in negativo, nel periodo più brutto dei rapporti fra me e mio padre perché io sinceramente con loro, intendo i Tulliani, non mi prendevo, non anda­vo affatto d’accordo. Da quando Elisabetta s’era messa insieme a mio padre, io a papà non lo riconosce­vo più. Era diventato un’al­tra persona, boh, più che cambiato. Ce l’ha messo contro. Eppoi c’erano sem­pre in mezzo ai piedi il pa­dre, la madre, il fratello. E papà, per colpa di queste persone, s’è trasformato in qualcosa che ancora oggi non saprei proprio come de­finire. Era una situazione complicata, difficile da sop­portare anche per i compor­tamenti dei Tulliani nei con­fronti delle persone che da anni lavoravano con noi e con le nostre aziende. Papà, anche se con colpevole ritar­do, per fortuna s’è rinsavi­to. E anche noi, appresso a lui, abbiamo ricominciato a vivere» .

Torniamo a Giancarlo Tul­liani.
«Le persone che avevano a che fare con lui, e che per forza di cose erano “costret­te” a lavorarci insieme, non me ne parlavano bene. Mi dicevano che lì, sia lui che il padre, che gestivano la Vi­terbese calcio prima, e la Sambenedettese calcio poi, non si stavano comportan­do in modo corretto. Già la gestione del Perugia Calcio con queste persone in mez­zo ai piedi di mio padre, che lo mettevano sempre con­tro tutti, non era facile. Ve lo assicuro. Per non parlare poi di quel che mi racconta­vano i direttori sportivi a proposito sia dei rapporti personali che della gestio­ne economica dei calciatori da parte di Giancarlo. Spie­gavo loro che non potevo fa­re granché perché c’era mio padre di mezzo e la famiglia della sua compagna, e per­ché per dirgli certe cose ave­vo bisogno di prove. Detto, fatto. Di lì a poco un diretto­re sportivo dell’epoca mi portò un nastro registrato che io non volli ascoltare, per rispetto verso mio pa­dre, a cui poi lo girai. Ero im­barazzato io, figuriamoci lui. Gli dissi soltanto: “Pa­pà, se devi regalare i soldi, fallo pure, ma almeno non te li far fregare”».

La vicenda di Montecarlo l’ha sorpresa?
«Sorpreso io? No, no, non mi ha sorpreso affatto. Mi sarei sorpreso del contra­rio.

La vicenda monegasca non posso giudicarla non es­sendo in possesso di ele­menti di conoscenza diret­ti. Ma i sei anni che sono sta­to a contatto con lui e con la sua famiglia mi portano a pensare determinate cose. Per usare un’espressione carina, il loro “stare” con pa­pà non era disinteressato».

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