Generali, Bollorè in «ritirata» vota il bilancio

nostro inviato a Trieste

Alla fine Vincent Bollorè ha scelto la ritirata strategica: ieri, nell’assemblea delle Generali, ha votato a favore del bilancio 2010 a soli 45 giorni dal cda del 16 marzo, in cui aveva prima ventilato un voto contrario e poi si era astenuto: una posizione che ha generato le successive e clamorose dimissioni di Cesare Geronzi, il presidente che non aveva contrastato l’iniziativa di Bollorè, inimicandosi definitivamente la maggioranza di un board ormai privo di concordia.
Non che ieri lo 0,14% del capitale detenuto dal vicepresidente della compagnia avrebbe cambiato l’esito dell’assemblea, dove il bilancio ha ottenuto il 99,5% di voti favorevoli. Ma la scelta del finanziere bretone è stato un segnale di fine delle ostilità. Confermato da una dichiarazione più che mai distensiva: «C’è concordia e si lavora, l’importante è lavorare bene per creare valore e avere dividendi. Generali è una grande compagnia». Di certo è un segnale di pace indirizzato anche a Mediobanca, dove Bollorè rappresenta il 10% dei soci francesi, e dove non può permettersi di apparire un contestatore delle Generali, di cui Mediobanca è il primo socio con il 13,4%. E per Diego Della Valle, il consigliere che per mesi si è battuto contro Geronzi, il gesto di Bollorè «è stato saggio e apprezzato da tutti». Meno diplomatico il commento del group ceo Giovanni Perissinotto, oggetto originario delle critiche di Bollorè: «Si vede che le notti portano consiglio. Per me il bilancio era chiaro fin dall’inizio, per lui no. Ora sono contento». In ogni caso Generali ha ieri voltato pagina. L’assemblea guidata dal neo presidente Galateri, anche grazie alla durata ridotta (5 minuti) degli interventi, è filata via liscia e i richiami all’armonia e alla concordia, fatti dallo stesso Galateri e suggellati dall’ad di Mediobanca Alberto Nagel («La nostra priorità è la chiarezza di governance ed ora è raggiunta»), alla fine non si contavano più. Gli azionisti (alcuni dei quali hanno lamentato vistosamente sulla performance del titolo in Borsa) sapranno valutare da oggi in poi se ai propositi del dopo-Geronzi seguirà le realtà dei risultati. In proposito, quelli preliminari del trimestre riportano premi complessivi in calo dell’8,3% a 19,1 miliardi, ma con «risultati operativi e di bottom line in crescita», ha detto Perissinotto.
Tra i soci, la presenza record di fondi (9,7% del capitale) si è fatta sentire solo al momento di votare sulle politiche remunerative dei manager, che ha ricevuto il 6,3% di voti contrari: un invito a rivedere le regole che hanno portato alla liquidazione da 16,6 milioni per Geronzi dopo un solo anno al vertice della compagnia. In proposito Galateri ha poi assicurato che si lavorerà per migliorare tali automatismi.
Nessuna sorpresa nelle quote detenute dai soci maggiori, tranne quella delle deleghe affidate a Roberto Meneguzzo, il plenipotenziario del gruppo Palladio e di Ferak che ha votato per complessivo 6,3%.

Oltre alla quota di pertinenza di Ferak (1,56%) ed Effeti (2,3%), Meneguzzo ha votato anche per Del Vecchio (1,87%) e per le Casse del notariato e dei ragionieri. Sorpresa, infine, per la proposta di Mediobanca di non sostituire, dopo le dimissioni di Del Vecchio e di Ana Botin dal cda, nemmeno quest’ultima: l’assemblea ha votato per la riduzione dei consiglieri da 19 a 17.

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