Si fa presto a dire che i «crooner» sono i cantanti confidenziali. In realtà sono quelli che parlano al loro pubblico, uno per uno fino in fondo alla sala, e spesso lo fanno sfruttando toni amicali e seduttivi.
Intanto devono tutto allinvenzione del microfono elettrico. Fino a quel momento, intorno agli anni Venti, andava di moda il belcanto italiano, fatto di voci squillanti e polmoni spremuti, nato apposta per comunicare gioia o dolore o speranza, altro che la sensualità tipica del crooner. Insomma, visto che, per dirla alla Flaubert, «il buon dio si trova nei dettagli», il dettaglio della corrente elettrica ha consentito a cantanti come Gene Autry o Bing Crosby di «possedere» finalmente la propria audience anche mantenendo tonalità basse o sussurrate.
E il successo è stato planetario, ovvio, così tanto planetario che è inutile citare Nat King Cole o il Rat Pack: fanno parte della storia del Novecento.
Il genere Quelle «voci con lo smoking» che da quasi un secolo fondono jazz e ballo
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