Il Ducale ci mette la facciata, ma non per difendere i marò

Il Ducale ci mette la facciata, ma non per difendere i marò

(...) Sarà anche vero, ma se tutta Italia si mobilita, se dalle finestre e dai balconi si moltiplicano gli stendardi, se persino il TG5 va in onda con una coccarda gialla in sovrimpressione, perché prendere le distanze da un’iniziativa che di politico non ha nulla? E meglio ancora, perché non sposarla senza distinzione di colore di partito, per dimostrare che quando si tratta di ragazzi italiani vittime di soprusi lontano da casa per aver fatto al meglio il loro dovere, tutta la politica è unita?
Il consiglio comunale, per ordine della maggioranza di Marta Vincenzi, ha così bocciato l’idea dello striscione. Perché «non serve». Strano, perché quando qualcosa del genere succede con persone schierate su altre posizioni politiche, vale qualsiasi tipo di mobilitazione. Se c’è da difendere Ingrid Betancourt, attivista di sinistra, impegnata nella «difesa dei diritti umani», fondatrice del partito di sinistra «Partido Verde Oxígeno», colombiana, le istituzioni genovesi non si tirano indietro. Per chiedere la liberazione della militante rapita nel 2002 dai guerriglieri delle Farc in Colombia, si erano mobilitati tutti. Una nostra attenta lettrice, Roberta Bartolini, ricordava anche che Palazzo Ducale, uno dei gioielli della città, gestito da una Fondazione partecipata a maggioranza dal Comune di Genova, aveva addirittura esposto sulla propria facciata, un enorme stendardo a favore della Betancourt. Tutto vero: dall’archivio è saltata fuori la foto che lo dimostra. E accanto all’immagine dell’attivista colombiana di sinistra c’era anche la bandiera del Tibet, giusto per sottolineare come il Ducale sposasse anche quella battaglia.
In quel caso gli striscioni «servivano». Oggi, per due militari italiani «colpevoli» di aver difeso una nave italiana dall’assalto dei pirati, nel pieno rispetto delle norme internazionali, per ordine del governo italiano, non c’è spazio per gli striscioni. Neppure a Palazzo Ducale, dove pure a volte il presidente della Fondazione Luca Borzani, si lascia scappare qualche iniziativa non rigidamente di sinistra. Questa volta, probabilmente, non ha fatto in tempo a decidere l’esposizione dello striscione per i marò, dimostrando alla città (e alla sindaca) di non essere condizionato dalla propria ideologia politica.
Chi invece ha fatto in tempo a trovare ed esporre lo striscione per i marò è il presidente della Provincia di Savona, Angelo Vaccarezza. Da qualche giorno, sulla facciata di Palazzo Nervi compaiono le foto dei due ragazzi incarcerati ingiustamente dalle autorità indiane. In attesa di una risposta sono invece i cittadini della Spezia. Al sindaco è stata inviata una lettera dal vice presidente del consiglio Maria Grazia Frijia che chiede l’esposizione dello striscione. Stessa richiesta era arrivata dal consigliere Giacomo Gatti.

L’iniziativa vuole anche essere un incitamento al governo italiano affinché dimostri con i fatti di godere di quel prestigio e di quell’autorevolezza internazionali che dice di avere a parole. Si tratterebbe in questo caso di far solo rispettare le norme di diritto internazionale, neppure di chiedere favori.

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