«Il ricordo più bello è quello della Sud»

Riccardo Ferri ha giocato in Serie A con due sole squadre: Inter e Sampdoria. L'ex difensore nerazzurro, dopo 14 stagioni a Milano, ha concluso la sua carriera sotto la Lanterna, vestendo il blucerchiato dal 1994 al 1996. Con compagni come Gullit, Mancini, Zenga, Jugovic, Lombardo, Platt, è stato protagonista di due ottavi posti finali, in quella Samp che, nei primi anni '90, era costantemente nella parte sinistra della classifica.
Lei è arrivato a Genova a 31 anni, dopo 13 di Inter: come è stata l'esperienza in blucerchiato?
«Ho un ricordo fantastico. L'ambiente è stato straordinario e ho trovato grande disponibilità, anche nell'aiutarmi guarire dal grave infortunio che mi aveva colpito. E poi ero in una grande squadra, ambiziosa e forte. Abbiamo fatto bene in campionato e siamo arrivati in semifinale di Coppa delle Coppe».
Cos'ha di speciale la Sampdoria?
«La tifoseria. Mi ricordo una partita con la Fiorentina, a Marassi, che perdemmo 3-1. Il pubblico ci fece comunque uscire tra gli applausi, perché aveva apprezzato l'impegno. I tifosi della Samp ti caricavano e se vedevano grinta e coraggio, non gli interessava del risultato».
Le è dispiaciuto andare via dall'Inter?
«È normale che dopo 13 anni lasciare Milano non fu semplice. All'Inter ho lasciato gran parte del mio cuore, ma la Sampdoria mi dava la giusta occasione per rilanciarmi a grandi livelli anche a fine carriera. Quindi l'addio all'Inter l'ho vissuto positivamente».
Come è stato affrontare i nerazzurri da ex?
«La prima volta traumatico. Vedere i miei avversari con quei colori addosso mi ha lasciato intontito i primi 10-15 minuti. San Siro fece anche una coreografia per me e Zenga, che eravamo i due grandi ex. Fu commovente. Alla fine abbiamo perso 2-0».
L'allenatore dell'Inter Stramaccioni rischia l'esonero a Marassi?
«Se non arrivano i risultati qualsiasi allenatore rischia la panchina. Se perde anche a Genova può saltare. Ma indipendentemente da questo credo che l'annata storta dell'Inter non dipenda solo da lui, ma da tutti. Anche la società dovrebbe farsi un esame di coscienza».
Delio Rossi ha dei meriti nel rilancio della Samp o la squadra aveva le qualità tali per uscire da sola dalla difficile situazione in cui era precipitata?
«Delio Rossi ha grandi meriti, perché è riuscito, come sa fare solo lui, a tirare fuori tutte le qualità da degli ottimi giocatori. Lui è un maestro in questo e gli vanno riconosciute le sue doti. La Samp magari sarebbe uscita lo stesso dalla crisi, ma lui le ha dato un gioco e un'organizzazione. L'ha resa solida».
Con Rossi il Doria ha subito solo sette gol in 11 partite giocate. Da ex difensore la convince la difesa formata da Gastaldello-Costa-Palombo (o Rossini)?
«È stato fatto un grande lavoro individuale e collettivo sulla difesa a tre. Non è casuale che la Samp improvvisamente abbia smesso di prendere gol. Il meccanismo funziona e gli interpreti hanno eseguito alla perfezione gli ordini del mister».
L'Inter invece prende sempre gol, di chi è la colpa?
«Credo che pesi l'assenza di Samuel, vero leader del reparto. Nonostante Ranocchia e Juan Jesus siano forti e preparati, secondo me nell'Inter viene fatta poca tattica individuale nei difensori. Spesso vengono commessi errori banali ed evitabili, proprio per una mancanza di lavoro di tattica sul singolo».


La rapidità di Icardi, Sansone, Eder metterà in difficoltà la retroguardia nerazzurra?
«La Samp davanti ha delle frecce. Sì, l'Inter dell'ultimo periodo soffrirà molto la vivacità degli attaccanti blucerchiati. Negli spazi e nella profondità possono diventare devastanti».

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