Se la comicità soffoca il dramma di un testo

Lo spirito del tango, con quelle note malinconiche che risuonano prima che si apra il sipario, introducono subito gli spettatori nell'atmosfera in cui si svolge tutta la storia raccontata dall'argentino Roberto Cossa nella sua commedia travolgente e feroce, La nonna, al Duse fino al 24 marzo. Il sipario è ancora chiuso quando la tanta luce all'interno lo rende quasi trasparente e quel rosso di cui è colorato sembra già l'annunciazione di una cascata di sangue. Una trentina di lampadari appesi e una decina di frigoriferi sulla scena ricordano uno di quei brutti negozi di elettrodomestici degli anni '60 che per fortuna non si vedono più, e che Giorgio Gallione ha scelto come ambientazione del suo spettacolo. Il regista aveva preannunciato il collegamento con lo spirito del teatro nella commedia di Orton dell'anno scorso. Anche qui un testo con forte simbologia, dai connotati tragici pur inducendo il pubblico alla risata. La morte, ma soprattutto il senso di morte, sono presenti sin dalla prima battuta in cui viene presentata una società decadente la cui cecità e immoralità ruotano intorno alla figura totemica della nonna, la divoratrice distruttiva che rappresenta stato, governo, regime dittatoriale e crisi che ne deriva.
Ogni personaggio ha il suo carattere ben definito, ognuno ha la sua storia e la sua vita, ognuno si vive la sudditanza verso la nonna alla sua maniera. Tutti la amano e tutti la odiano, ma a lei non importa di nessuno, ha sempre fame. «Petito, formaggio, mortadella, dessert» ripete di continuo la vecchia di 104 anni non curandosi di nient'altro mentre accanto a lei tutto va allo sfacelo.

I bravi attori caratterizzano i personaggi fin troppo e nel primo atto la comicità prende troppo spazio rispetto alla tragicità del sottotesto che diventa leggero quando non lo deve essere affatto. Nel secondo tempo quando esplode la catastrofe tutto si consuma in breve tempo e la traduzione registica non riesce a stare dietro a tale dramma.

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