Il vero nemico dei lavoratori? I sindacati

Il vero nemico dei lavoratori? I sindacati

Me lo ricordavo vagamente dai tempi dell'università, ma per sicurezza sono andato a ripassarmelo. Il processo industriale per la produzione di alluminio (conversione, elettrolisi, fonderia) è basato esclusivamente su un consumo massiccio di energia elettrica. Da anni parliamo della «bolletta energetica» senza capire esattamente a cosa ci riferiamo. Confondiamo i 5 o 10 Euro di aumento dei nostri conti Enel con i costi imponenti sopportati dalle nostre industrie. Non ci facciamo caso. Poi improvvisamente arriva l'Alcoa: cardiopatici sui serbatoi d'acqua, bombe carta davanti ai ministeri, traghetti bloccati, lavoratori che minacciano la rivoluzione. E naturalmente i sindacati al loro fianco (bé, non è proprio sempre così: mentre i lavoratori tornavano in Sardegna col traghetto, i sindacalisti tornavano in aereo). Le riprese televisive ci hanno rimandato facce stravolte che sembrava cercassero il nemico da sbranare. E, accecati dall'odio, non si sono accorti che i nemici erano al loro fianco, marciavano con loro, anzi erano alla testa dei loro cortei. Erano propri quelli che per anni si sono battuti contro la maniera più economicamente conveniente per produrre quell'energia elettrica vitale per la loro fabbrica.
I sindacati si sono opposti da sempre al nucleare, arricchendo gli sceicchi sauditi, i carbonieri indonesiani, i produttori di gas russi ed algerini. E contestualmente deindustrializzando il nostro paese. Il fatto che muoiano più ragazzi in un sabato sera che persone a causa del nucleare negli ultimi trent'anni in Francia, è un dettaglio di poco conto. Una decisione così importante (l'industria italiana deve vivere o morire?) viene decisa attraverso un referendum in cui il novanta per cento dei votanti non capisce neppure l'oggetto della scelta. L'importante è che il nucleare (che ha in sé qualcosa di americano, di capitalista, di padrone spietato che vuole calpestare il resto dell'umanità, Vispe Terese che corrono felici dietro alle farfalle su prati puliti e fioriti) sia cancellato, polverizzato, deriso. Ed i lavoratori dell'Alcoa? Poverini, presto, dobbiamo fare subito qualcosa! Come dite? L'azienda non è più redditizia? I costi industriali la uccidono? Che importa! Presto, dobbiamo fare qualcosa! Hai capito ora perché lo spread è alle stelle? Perché i paesi civilizzati ci guardano come rettili? Perché non abbiamo più neanche le pezze al culo, ma il culo a pezzi? Perché era così chic dire no al nucleare, era così evoluto ed emancipato rifiutare un progresso duro. L'Alcoa? Boh, qualcuno ci penserà. E poi scusa il lavoro non è un diritto? Ma quale bilancio, quale redditività! Un diritto è un diritto! Ce lo assicurano anche i sindacati: urlando e scioperando, voilà, spuntano posti di lavoro.
Prossima fermata: l'Ansaldo. Quando sento dire che vogliono vendere l'Azienda, ma che i sindacati assicurano che esigeranno il mantenimento sul territorio ed i livelli occupazionali, non so se piangere o ridere. Scelgo un compromesso: rido amaramente. Ma come può essere uno così stupido da pensare che esista un acquirente che sottoscriva questi diktat? Un imprenditore deve e vuole essere libero. E se accetta condizioni capestro, peggio ancora. Vuol dire che ha già in mente qualcosa di ancora più diabolico dello smantellamento. Affrontare la crisi con queste teste è come andare a caccia di elefanti con i fucili a tappi. Sarà dura. Ci sarà molta benzina sul fuoco. Avremo morti e feriti.

Ma il giorno che sapremo dare il vero nome alle cose e la smetteremo di raccontarci palle gigantesche in salsa retorica, forse, al di là dello spread, delle Borse, del Pil e di tutte quelle sigle che ci ossessionano ogni giorno come oscene giaculatorie, forse, dicevo, cominceremo a risalire la china. Più magri, più emaciati, ma più seri e più onesti.

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