Vienna - Ci voleva un Niño d’oro per restituire la Spagna all’unica regalità che ancora le mancava: quella del pallone. Ci voleva un niño per far felice nonno Aragones prima di far la valigia e partire per la Turchia. I nipoti di Luis Suarez, Amancio e Zoco hanno chiuso la storia che tutta Europa aveva deciso esser sua, per meriti e non per raccomandazioni e fortuna. Dopo 44 anni di attese e delusioni, una delle solite incompiute del pallone ha riscoperto che «Adelante España» non è solo un motto, un grido, una speranza, ma può essere realtà. La Germania degli eterni presenti, stavolta ha fatto atto di presenza ma non ha messo paura, non ha riempito di sostanza il suo giocare. Si conclude l’Europeo con il nonno lanciato nell’aria dai suoi giocatori. A quasi 70 anni, Aragones diventa il più anziano ct a vincere il torneo continentale. Se nel calcio c’è favola, questa è una prova. E non solo.
Stavolta il Gafe (lo iettatore) ha cancellato tutte le maledizioni che gli sono piovute addosso. Notte di vacanza, ricordi felici. Il sorriso rianimato dei Reali di Spagna ha sollevato anche Luis Zapatero dall’infelice parte che la gente spagnola gli aveva attribuito. Quando il Kid di Spagna s’è bevuto la difesa tedesca, Lahm a guardare, Lehmann disperatamente lanciato verso Torres, il vecchio Prater ha risollevato umori e sentori di una sfida che aveva già delineato la fisionomia ma soffriva del mal di gol, che poi è il pane di tutte le vicende. Spettacolo nello spettacolo il tifo sulle tribune, affollatissima quella dei vip da Indiana Jones (Harrison Ford) a Michael Schumacher, inquieta quella dei tifosi tedeschi che hanno visto comparire sul campo Michael Ballack, ma hanno presto compreso che il loro capitano giocava usando un terzo delle sue potenzialità.
La Germania ha provato a tenere in soggezione gli spagnoli, mettendo in campo tradizione e abitudine mentale a non perdersi nei momenti che contano. Così facendo, ha tenuto in scacco per una ventina di minuti gli spagnoli, bravi nel cucire il gioco, non tanto da renderlo preoccupante per la difesa panzerona. Primi tiri in porta dei tedeschi, compreso quello nella porta propria che poteva portare Metzelder all’autogol: piede birichino sul tiro di Iniesta e Lehmann costretto al volo da gattone che pochi gli riconoscevano. Ma da quel momento la Spagna ha capito ed ha accelerato, sfruttato le bontà proprie e le miserie altrui. Si è infilata più facilmente tra gli armadi difensivi tedeschi, il quadrilatero dei tenori ha fatto venir mal di testa ai centrocampisti tedeschi e Torres ci ha preso gusto nel metter paura. Sergio Ramos lo ha invitato e lui ha colpito di testa: palo! Poco più tardi Xavi l’ha ripescato ed è rispuntata l’anima del grande cannoniere.
Un gol soltanto poteva essere vantaggio da rigar di brividi la schiena, ma così non è stato perchè le Furie di Aragones avevano troppa fame e troppa voglia di non mollare la coppa. L’animo si dev’essere fatto più leggero come il gioco, è riapparso il bel mordi e corri delle altre partite. La Germania ha provato a risvegliarsi prendendo esempio da Ballack, senza mai trovare l’accelerazione che cambiasse la sua faccia. La Spagna ha rischiato qualcosa. Rosetti ha ignorato una mezza testata di Silva a Podolski e Aragones s’è dimostrato gran condottiero richiamando l’uomo in panchina. Le Furie hanno cercato il raddoppio, Senna quasi c’è arrivato. Sono stati brividi di una partita che aveva deciso chi fosse il padrone. Un padrone che ha chiuso l’europeo senza macchie, senza sconfitte e con un solo pari.
Guarda caso contro la squadra che poi ha cacciato il suo allenatore. Così Donadoni saprà di non esser passato invano. Invece ieri c’è stato un italiano che non è piaciuto al Prater: Rosetti, ovvero l’arbitro, a fine partita si è preso fischi bipartisan. Tutti scontenti, onore salvo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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