Il colonnello Muammar Gheddafi, ovvero il morto che parla. La misteriosa vicenda a cavallo tra comica e grande politica, con la partecipazione straordinaria del presidente del Consiglio Romano Prodi, scatta a metà mattina. Durante quelle ore confuse gli oppositori allestero accarezzano la speranza, i fedeli del regime si macerano nel dubbio e anche gli estranei stanno un po sulle spine. Le notizie in quelle ore fanno a gara nel dare per moribondo o cadavere il 65enne colonnello signore incontrastato di sabbie e petrolio libico dal lontano 1969. Sballottati tra voci e smentite, molti analisti incominciano a fare i conti con un altro elemento dinstabilità in una zona minacciata dal fondamentalismo islamico. Fino a quando il colonnello decide che la prova migliore della propria sopravvivenza non è una pubblica comparsata, ma una chiacchierata al telefono con il nostro presidente Consiglio. E così Romano Prodi, portavoce per un giorno del regime di Tripoli, annuncia al mondo lesistenza in vita del raìs delle sabbie.
Il grande scompiglio inizia a metà mattina. A innescarlo ci pensa lagenzia palestinese Maan. Rinunciando alla consueta e più produttiva attenzione alle vicende di casa propria, lagenzia spara la notizia di un devastante ictus e dellimminente uscita di scena di Gheddafi. «Il colonnello è in ospedale privo di conoscenza», recitano i lanci. Qualcosa di vero, come capita in questi casi, magari cè. Magari il colonnello ha avuto un mancamento, i suoi medici sono stati svegliati nel cuore della notte e qualcuno ha temuto il peggio. Ma alla Maan trascurano di verificare gli avvenimenti successivi. Mettono la notizia in rete, larricchiscono di particolari che la rendono credibile e appetibile. Il primo a caderci è il ben più internazionale Jerusalem Post. Il sito del quotidiano israeliano in lingua inglese spara la notizia, si dilunga sulle tracce di sangue individuate nel cervello del leader libico dai suoi medici. La parola coma viaggia in libertà.
Le ambasciate di Tripoli per un po esitano, poi non appena ricevono disposizioni negano tutto. «Il colonnello sta benissimo», ripete lambasciatore a Roma. Tra smentite di regime e notizie non confermate è difficile capire a cosa credere. Lagenzia ufficiale libica non apre bocca e il diretto interessato continua a non farsi vedere. In poche ore la morte apparente è quasi verità. Lo diventa ancor di più quando si diffondono i particolari sul rapido rientro in patria dei pargoli di Gheddafi, costantemente allestero per i loro commerci miliardari. La voce sembra la prova del nove, la conferma di una preoccupazione diffusa e angosciante.
Lunico a porsi qualche dubbio è il nostro presidente del Consiglio. Ha parlato al telefono con il colonnello dalle dieci e mezzo a prima di mezzanotte e Gheddafi gli è sembrato lucido e sveglio. «Abbiamo discusso racconta - il caso delle infermiere bulgare e delle trattative in corso per liberarle, e anche dei rapporti tra Tripoli e Roma». Qualche malalingua insinua che il tedio di quella chiacchierata sia stato linevitabile colpo di grazia per un fisico già minato. Qualcuno incomincia a credere che il colonnello sia ancora tra noi. A spazzare via ogni dubbio ci pensa lo stesso Gheddafi. La sua voce torna a riecheggiare nel cellulare di Prodi mentre il nostro primo ministro è in visita ufficiale a Praga.
«Gli ho subito chiesto come stava e lui mi ha risposto che stava bene racconta Prodi -, aggiungendo che è un fatto comune parlare male della salute dei potenti». La telefonata e le accuse alla Maan, battezzata «media traditore» dal regime di Tripoli, non dissipa tutti i dubbi. Certo in Libia la notizia non ha superato la barriera della censura ufficiale e quindi il colonnello ha ritenuto inutile comparire in televisione per rassicurare unopinione pubblica assolutamente alloscuro.
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