Giallo di Gradoli, lunedì il Gup deciderà sul rinvio a giudizio

Giallo di Gradoli. Udienza preliminare, ieri, davanti al gup del Tribunale di Viterbo, Salvatore Fanti, per l’uccisione di Tatiana Ceoban e della figlia Elena, rispettivamente 36 e 13 anni. In carcere con le accuse di duplice omicidio premeditato aggravato e occultamento di cadavere il compagno Paolo Esposito, 40 anni, e Ala Ceoban, sorella di Tania, zia della ragazzina nonché amante di Paolo. Gli avvocati della difesa, Enrico Valentini e Mario Rosati, hanno presentato una serie di eccezioni preliminari e hanno chiesto di annullare le dichiarazioni dei genitori dell’elettricista per un vizio di forma. I testi non erano stati avvertiti che avrebbero potuto avvalersi della facoltà di non rispondere. Eccezioni respinte tutte tranne l’ultima.
«Ciò non cambia la situazione - spiega l’avvocato Luigi Sini, legale della madre di Tatiana -. I genitori di Esposito sono gli unici che hanno fornito un certo alibi a Paolo sostenendo che l’uomo si trovava a casa loro sia il sabato che la domenica. Anche se lacunosa e contraddittoria, più volte smentita dalle prove, la loro testimonianza era a favore di Esposito». Oltre due ore di camera di consiglio, poi la decisione di aggiornarsi lunedì quando il gup si pronuncerà sul rinvio a giudizio. Quella di ieri è stata anche l’ultima occasione per richiedere il rito abbreviato, unica possibilità per entrambi di evitare, in caso di condanna, l’ergastolo.
Un giallo degno di un genio del noir se non fosse realmente accaduto. Un paesino alle porte di Bolsena, una straniera da anni in Italia, madre di due ragazzine, la più grande avuta da un secondo matrimonio, la piccola dal compagno italiano, Esposito. Un rapporto finito da tempo il loro, almeno da quando lei scopre che l’altro la tradisce, addirittura, con la sorella di 24 anni. È l’inizio di un incubo per Tania: Paolo tenta in ogni modo di revocarle la tutela della bimba, inutilmente. Inizia, allora, una guerra psicologica snervante nella casa in cui vivono. La stessa in cui i Ris trovano le prove della mattanza: venti macchie di sangue in una stanza, la cucina. Infine, secondo gli inquirenti, un piano criminale per eliminare ogni ostacolo: simulare una fuga fin troppo precipitosa in Moldavia. L’imbroglio regge pochi giorni: quando la madre di Tania, accorsa da Bologna, denuncia la scomparsa di figlia e nipote e, soprattutto quando alcuni giornali fanno scoppiare il caso, i carabinieri sigillano la «casa degli orrori». Il 1° luglio scattano le manette per Esposito, caduto più volte in contraddizione, senza alibi e con un valido movente per eliminare compagna e figliastra: avere la figlia naturale tutta per sé. Ad agosto tocca ad Ala finire in carcere. Stesse accuse, con un’aggravante in più, la parentela strettissima con le vittime.
I due non parlano, Paolo inizia due volte uno sciopero della fame perché non gli fanno vedere la figlia, affidata a una casa famiglia per minori. Fra le prove che inchiodano i due alle loro responsabilità i tabulati telefonici di tutti e quattro i personaggi. Quelli di due utenze «segrete» di Paolo e Ala: i due erano insieme, a Gradoli, nei giorni del duplice delitto.

Quello di Tatiana che alle 19,17 del 30 maggio riceve un sms agganciato alla cella proprio delle Cannicelle. Quello della tredicenne che riceve una telefonata dalla mamma alle 17,30 mentre lei si trovava su un bus a Capodimonte. La ragazzina era già a casa. Erano lì pure Paolo e Ala.
yuri9206@libero.it

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