Un giallo metafisico

Nel 1976 divenne un film, diretto da Elio Petri e interpretato da Marcello Mastroianni, Gian Maria Volonté e Mariangela Melato. Il romanzo di Leonardo Sciascia Todo Modo, uscito nel ’74, non era però finora mai approdato al palcoscenico. Accade con lo spettacolo che debutta martedì al teatro Quirino con Paolo Ferrari e Giuseppe Pambieri per la regia di Fabrizio Catalano Sciascia, nipote del grande scrittore siciliano, e di Maurizio Marchetti (la versione teatrale è firmata dal giornalista e biografo sciasciano Matteo Collura). L’idea di mettere in scena un testo come Todo modo, riflessione sui temi del potere e della corruzione in forma di romanzo giallo, si deve a Sebastiano Calabrò: «Il progetto nasce dalla mia devozione per Sciascia - spiega -, un autore capace di affrontare le grandi questioni irrisolte del nostro Paese e di leggerne la realtà con occhio attento a ogni aspetto, aiutandoci a capire la società e la storia degli ultimi decenni».
Todo modo è ambientato in un convento-albergo, il misterioso eremo di Zafer, dove alcuni importanti uomini politici, industriali e rappresentanti del clero si riuniscono per dedicarsi a quegli esercizi spirituali che il fondatore della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola, prescriveva di praticare appunto «todo modo». In realtà, anziché coltivare la spiritualità, intrecciano affari e si spartiscono il potere. Uno scrittore (Ferrari) chiede al «padrone di casa», l’inquietante don Gaetano (Pambieri), di poter essere accolto nell’eremo, e si trova così ad assistere alle torbide attività che vi si svolgono. Uno dopo l’altro, però, hanno luogo tre delitti, su cui indaga il procuratore Scalambri (Marchetti). «Gli eventi si susseguono a ritmo incalzante, quasi come nei romanzi di Agatha Christie - racconta Catalano Sciascia - e intanto i protagonisti, uomini con idee e visioni del mondo differenti, si scontrano e si confrontano. Cos’è giusto, e cosa non lo è? A cosa deve aspirare, in cosa deve credere un individuo, una società, l’umanità? Tutte domande a cui, da millenni, noi e i nostri simili cerchiamo una risposta». «Pier Paolo Pasolini ha definito il romanzo come un “giallo metafisico” - ricorda Calabrò -. È il ritratto di una casta in disfacimento, di una classe politica che persegue la corruzione a ogni costo e che così facendo va incontro all’autodistruzione. I personaggi, untuosi e arroccati sul loro potere, assomigliano a naufraghi su una scialuppa che va alla deriva». Il dramma, in due atti, è coprodotto da ATDC e Teatro di Messina.

Tra gli altri interpreti, Paola Lorenzoni, Andrea Florio, Giuseppe Calcagno, Maurizio Puglisi, Antonio Alveario e Antonio Locorriere Voltrano. Le scene sono di Francesco Scandale, i costumi di Francesca Cannavò, le musiche di Germano Mazzocchetti.
Teatro Quirino, via delle Vergini 7. Fino al 7 dicembre. Informazioni: 06.6794585.

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