Ma Gianfranco ci riprova «Nessuno può imporre l’agenda al Parlamento»

RomaÈ sempre lui. «La legittimazione a governare non scaturisce soltanto dalle urne, ma si rafforza giorno dopo giorno nel risolvere i problemi e i bisogni della collettività». È sempre Gianfranco Fini, a quanto pare, a sparare sul pianista. È sempre il «cofondatore del Pdl» a lanciare un altro avvertimento al Cavaliere: Palazzo Chigi non può scavalcare il Parlamento. Sembra uno strappo, un’altra presa di distanza dal premier, invece stavolta, sembra, è solo una presa di posizione imposta dal ruolo. «Quella di Gianfranco è una normale dichiarazione - commenta infatti Paolo Bonaiuti -, sarebbe sbagliato leggerla come un attacco».
Fini parla nella Sala della Lupa, davanti a un parterre di ex presidenti della Camera - Luciano Violante, Pier Ferdinando Casini, Fausto Bertinotti - aprendo un solenne convegno dedicato al ruolo del Parlamento. Palazzo Chigi, dice in sostanza il presidente della Camera, non può limitarsi a darci i compitini. «Solo una visione mitologica della democrazia - spiega - può infatti indurre a ritenere che la funzione di governo si traduca automaticamente, una volta conclusa la competizione elettorale, in un’agenda legislativa predefinita e a senso unico in cui il potere esecutivo, soprattutto con l’uso distorto sotto vari profili della decretazione d’urgenza, tende a limitare, o peggio soffocare il libero dibattito sulle grandi decisioni di politica pubblica».
E così, il giorno dopo il vertice di maggioranza che ha fissato le prossime scadenze, con la giustizia in primo piano, Gianfranco Fini rivendica il suo ruolo di timoniere di Montecitorio. Non è uno strappo, nemmeno una rivolta. Ma una piccola messa a punto, quella sì. Del resto l’invito a non abusare di decreti leggi non è nuovo. Nuovissimo invece è il faro che vuole accendere sui suoi poteri costituzionali: spetta a lui, sostiene, dirigere il traffico di leggi. Non può essere Palazzo Chigi, da solo, a «dettare l’agenda»: il calendario dei lavori delle Camere può essere definito solo «in un rapporto quotidiano fra governo e Parlamento» che dividono di fronte ai cittadini «la responsabilità per le decisioni che si prendono durante l’intero arco della legislatura».
Dunque per Fini non basta vincere le elezioni per guidare un Paese. «La legittimazione democratica a governare non scaturisce dalle urne, ma si rafforza nell’affrontare i problemi sempre nuovi e inattesi, che si presentano sul terreno concreto dei bisogni della gente». Serve invece, soprattutto «in un sistema parlamentare come il nostro», un rapporto «quotidiano» tra le Camere e l’esecutivo. È una questione di «trasparenza».
Bonaiuti gli risponde un po’ seccamente: «Berlusconi ha tutte le carte in regola perché ha la legittimazione popolare che gli deriva dalla grande vittoria elettorale, ma gode anche del consenso quotidiano dei cittadini visto che tutti i sondaggi dicono che il gradimento nei suoi confronti è molto elevato e supera di molto il sessanta per cento». Ma il sottosegretario alla presidenza invita anche a non considerare le frasi di Fini un altro strappo. «Le questioni tra di loro mi pare che siano più gonfiate dai media che reali - racconta -. Ho pranzato con Berlusconi e abbiamo parlato di tutto tranne che delle parole di Gianfranco. Presto ci sarà un incontro, a strettissimo giro il presidente del Consiglio e il presidente della Camera si vedranno, parleranno e decideranno una serie di questioni che sono ingigantite, più gonfiate dalla tentazione mediatica di trovare sempre qualche cosa che non sia frutto di una reale divisione». Che non ci sia aria di rottura lo si capisce anche da quanto dice il finiano Italo Bocchino: «Possono avere qualche frizione su come si spreme il tubetto del dentifricio o su quanto tempo tenere accesa l’aria condizionata di notte, ma non possono litigare perché hanno figli adulti che hanno tutto l’interesse a che mamma e papà vadano d’accordo. Devono andare d’accordo e sono anche obbligati alla coabitazione».

E ancora: «Berlusconi e Fini rappresentano la coppia politica più duratura della storia d’Italia. Stanno insieme da 15 anni, hanno avuto un lungo fidanzamento, hanno fatto figli, ministri, sottosegretari, parlamentari. Non possono lasciarsi, sono come moglie e marito».

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