Italo canadese, belloccio, cresciuto a pane e Steely Dan, e con una voce calda che piace tanto al gentil sesso. È un certo Gino Vannelli, famoso a cavallo tra i primi Settanta e il 1985, lanno di Black cars, successone anche in Italia. Assieme a Michael Franks e al George Benson di Give me the night e In your eyes divise il trono di re della pop fusion, quando il genere si chiamava così. Certo, nel palmares ci sarebbe anche I just wanna stop, ma quello è affare più che altro radiofonico. Il bel Gino sarà domani e domenica in concerto (ore 23) al «The Place» di via Alberico II (zona Prati), il covo della musica raffinata, quella vietata ai palasport.
A raccontare Vannelli si rischia la lungaggine. Brani come People gotta move (tana per Pino Daniele), Crazy life, Powerful people, Where am I going, Felicia, Jojo rappresentano il primo grande esempio di pop fusion di grande ascolto. A partire dallesordio Crazy life (1973), produce un album allanno e aggiunge lustro al panorama musicale mondiale, arrivando al capolavoro Brother to brother (1978) nel quale comincia a divertirsi con luccicanti spruzzatine jazz. Da questo album è tratto il brano che ha ottenuto il maggior successo commerciale, appunto I just wanna stop. Ma Vannelli non arresta la ricerca musicale e dopo lottimo Nightwalker (1981) (musica da ascoltare di notte e magnifico esempio di produzione e missaggio) si immerge nelle nuove, a volte deleterie, aspre sonorità degli anni 80 con Black Cars (1985). Album, che oltre al celebre brano omonimo, racchiude Hurts to be in love, esempio di raffinatezza armonica e airplay senza tema di sbagliare. Certo, latmosfera si era infreddolita non poco. Nel 1987, al tramonto delle tendenze della decade, esce Big dreamers never sleep, nel quale è presente lultimo successo di mercato, Wild horses. Negli anni Novanta perde contatto con il mercato di massa e delle sue produzioni non rimane una traccia importante dal punto di vista artisitico e commerciale.
Si segnalano comunque alcuni live, una collaborazione con Gianni Bella e un serie di tour tra cui quelli italiani del 92, 95, 99 e 2000, senza che la stampa ne desse però dovuto risalto. Decisamente sottovalutato in Italia rispetto ad altri artisti, la sua produzione rappresenta un riferimento per gli addetti ai lavori. Che domani saranno in prima fila al The Place.
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