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Il giorno di Giancarlo l’accusatore tra critiche e solidarietà dei «vecchi»

RomaÈ l’uomo che ha fatto salire vertiginosamente la temperatura del governo. Il personaggio che ha indossato l’abito del contestatore e rivendicato, nella sua intervista di ieri al Giornale, la centralità di Palazzo Chigi rispetto a quella di Via XX Settembre. Ovvero che, fuor di «metonimia topografica», ha menato fendenti contro Giulio Tremonti e condannato lo schema di un governo a suo dire «commissariato da un socialista».
Il giorno dopo il suo attacco, Giancarlo Galan, sa bene che le ceneri sono ancora calde. La bocca, però, resta cucita, almeno rispetto alla polemica di giornata. Il ministro è impegnato prima in un colloquio con Francesco Rutelli, organizzato per la presentazione del libro Vandali di Sergio Rizzo e Gianantonio Stella. Poi a distribuire il biglietto da visita del suo mandato ministeriale. Il calendario della sua giornata prevede, infatti, l’illustrazione al Senato delle linee programmatiche del suo dicastero. Un’occasione in cui il ministro dei Beni culturali chiede «un Piano Roosevelt per la cultura, una chiamata a raccolta nell’occasione del 150esimo dell’Unità d’Italia di tutti quelli che vogliono dare un contributo, indicare una via, proporre modalità per il reperimento di risorse per quella che è la vera benzina del nostro Paese». Un richiamo alla necessità di investimenti che è liturgia inevitabile e scontata per ciascun titolare dei Beni culturali. Ma che in queste ore non può che profumare di politica e somigliare a un ulteriore messaggio lasciato nella casella di Giulio Tremonti.
Galan, comunque, non si scompone e non si «pente». Passa la giornata al telefono a ricevere gli attestati di solidarietà di molti parlamentari, consapevole di aver dato voce a un malumore che serpeggia da tempo dentro il partito e soprattutto nella vecchia guardia. A tutti ripete che le sue sono state «critiche garbate e non la fine del mondo come adesso si cerca di farle passare, nient’altro che la richiesta di una sterzata e un richiamo alla necessità di decisioni economiche collegiali. Una richiesta che io avevo avanzato già pochi giorni fa pubblicamente» senza che si sollevasse questo polverone. E a chi gli domanda se gli sia toccata la reprimenda del presidente del Consiglio ripete che è tutto a posto, facendo capire che certo non è calato il gelo nei suoi rapporti con il premier ma il rapporto è saldo e di vecchia data. E infatti in serata una telefonata tra i due c’è stata, dal tono, secondo fonti vicine a Galan, «cordiale e affettuoso». E con l’appuntamento a un approfondimento dopo il voto.
L’ex governatore, insomma, si meraviglia dello stupore. E nei suoi colloqui di giornata sposta anche verso Silvio Berlusconi il punto di ricaduta del suo ragionamento, fatto a mezzo stampa non perché non abbia il coraggio di esporre le sue idee all’interno di una riunione ma perché spesso queste riunioni non si fanno. Sì, perché se molti hanno letto come unico destinatario delle sue lamentele il ministro Tremonti, in realtà il ministro dei Beni culturali le sue «punzecchiature» ha inteso indirizzarle anche in direzione del premier. Perché, continua nel suo ragionamento, bisogna smuovere le acque subito e non aspettare le calende greche o attendere l’esito delle amministrative e deve essere Berlusconi a tirare fuori il suo talento e il suo estro e riaccendere la spinta propulsiva e la lucida follia della discesa in campo del ’94.

«Non si può rimandare all’infinito» ripete l’ex direttore centrale di Publitalia, perché la politica deve guardare al presente, le riforme liberali che sono nel nostro Dna non possono aspettare. E nel lungo termine, per dirla con John Maynard Keynes, saremo tutti morti.

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