I primi fotografi, i primi cronisti accorsi sul luogo dellesplosione hanno poi detto ai tg della sera che sembrava di essere nella Beirut degli anni Ottanta, nella Gerusalemme dellIntifada, nella Madrid della stazione di Atocha, quellundici marzo del 2004. Stesso scenario, stesso odore di tritolo nellaria, la grande nuvola di fumo che sale verso un cielo già livido, gravido di nuvole basse. E poi detriti, calcinacci, un tappeto di vetri e lamiere contorte. E i gemiti dei feriti, e quel corpo appeso a testa in giù, penzolante dalla finestra di uno degli edifici coinvolti.
Poi, qualche ora più tardi, un altro cazzotto in pieno volto. Sullisola di Utoya, località di villeggiatura a una cinquantina di chilometri dalla capitale, cè in corso una riunione dei giovani socialisti del premier Jens Stoltenberg. Sullisola arriva in barca un uomo di carnagione bianca vestito da poliziotto. Entra nella sede della riunione. Estrae la pistola e spara fra le oltre seicento persone. Per terra, dicono i testimoni, una decina di morti almeno. È il panico. Molti fuggono a nuoto, mentre il poliziotto-kamikaze finisce tra le mani della sicurezza.
Allinizio si è pensato a una vendetta lungamente promessa. E a lungo attesa dallintelligence americana e da quelle europee. Prima le vignette satiriche su Maometto, pubblicate in Danimarca e riprese anche recentemente da un giornale norvegese. Poi la partecipazione della Norvegia alla «Grande Armata» guidata dagli Usa in Afghanistan. Teatro della «grande punizione» il Grande Nord. Svezia, Danimarca, Norvegia erano e restano i Paesi nel mirino. È toccato alla Norvegia, a Oslo, finire sotto attacco. Per cominciare..., temevano gli inquirenti. Poi lo scenario è cambiato: ora, per gli investigatori, gli attacchi sarebbero collegati a «movimenti sovversivi locali».
Unautobomba in pieno centro, nel quartiere dei giornali e dei ministeri, a poca distanza dalla sede del governo di Jens Stoltenberg, alle 15.26. I morti sono almeno una decina anche qui. In frantumi i vetri del «Verdens Gang», il principale tabloid norvegese, e quelli del ministero delle Finanze. Poi, in serata, un ordigno non esploso è stato trovato nei pressi della sede della Nrk, la tv pubblica norvegese, vicino al luogo della strage. Immagini di devastazione e macchie di sangue in un raggio di decine e decine di metri. E a distanza di qualche ora una seconda potente esplosione in fondo alla strada devastata dalla prima bomba. Il premier si è presentato in tv per tranquillizzare la sua gente - non cedete alla paura, ha detto -. Ma parlava da un luogo segreto, che ha detto di non voler rivelare per ragioni di sicurezza e ha ammesso: «Ci troviamo davanti a una situazione grave».
Avevamo pensato subito a un attacco terroristico perché già un anno fa, la polizia aveva neutralizzato una cellula qaidista formata da tre elementi che stavano preparando un attacco contro la capitale. Oggi parla di uno o due «stranieri» responsabili. Quanto ai motivi della «punizione» inflitta alla Norvegia sembrava inutile guardare lontano. La causa (anche senza aspettare la rivendicazione del gruppo terroristico Ansar al-Jihad al-Alami, che in tal senso ha diffuso un messaggio sul forum jihadista Shmukh) sembrava da ricercare nei motivi già detti: le vignette irridenti su Maometto, pubblicate dapprima in Danimarca e poi stampate a ripetizione anche dallAftonbladet norvegese e laffiliazione di Oslo alla «crociata satanica» in Afghanistan. Invece il nemico era forse in casa. Gli attentati in Norvegia, è emerso più tardi, non sarebbero però collegati al terrorismo internazionale. Questa lanalisi della polizia, secondo lagenzia di stampa Ntb.
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