Quando un artista giunge ad una certa notorietà, specie nel campo delle avanguardie, e soprattutto quando la disponibilità delle opere più significative va scemando, ecco allora che, di solito, si va a scavare nel periodo giovanile, precedente a quello della notorietà: è stato il caso di Boccioni del quale ormai si conosce tutto della breve carriera. Invece del Depero pre-futurista poco si sapeva (e si sa) poiché le opere giovanili sino ad oggi conosciute si contano sulle dita di una mano. Ci viene però in aiuto un raro libro del 1913, titolato Spezzature, scritto e pubblicato dallo stesso Depero, e sul quale ha riproposto lattenzione un articolo di Armando Audoli su WUZ. Si tratta di unedizione della quale molti collezionisti dello stesso Depero sono all'oscuro. Infatti, lattività di Depero precedente alladesione al Futurismo non è stata ancora studiata in maniera adeguata, sebbene già alcuni contributi siano apparsi a firma di Luigi Lambertini, poi di Bruno Passamani e di chi scrive.
I primi prodotti darte di Depero risalgono al 1907 quando lartista quindicenne frequentava il 3° corso della Scuola Reale Elisabettiana di Rovereto. Si tratta di schizzi veristici a inchiostro di china, cui seguono lavori allacquarello ed a carboncino. Fondamentale è un breve soggiorno a Torino nel 1909, dove segue un corso di scultura dal Canonica e, in seguito, il tirocinio che nel 1910 lo lega al marmista Scanagatta: sarà unesperienza molto formativa poiché farà uscire allo scoperto la prorompente attitudine plastica del giovane Depero.
Un altro elemento da considerare è, verso il 1913, il particolare clima culturale in cui vive. Da una parte lormai evidente, e montante, adesione al Futurismo, dallaltra le forti influenze mitteleuropee dovute alla posizione geografica e alla situazione politica del Trentino, allora parte dellImpero austro-ungarico. E in questo clima Depero pubblica appunto il suo primo libro, Spezzature, che è una raccolta di componimenti poetici, prose, pensieri e disegni, un coacervo di sensazioni e di allusioni tra Simbolismo e Futurismo con velati accenti di Cubismo, come ci conferma questo passo: «Ed or un frammento di me, del mio ritratto: blocco multi-faccettato, più specchi che riflettono la mia faccia». Non manca, poi, la componente nietzschiana, laddove Depero parla di «luci taglienti, ubriacanti riflessi doro, rossi scarlatti e gialli ottone» che è fin troppo facile accostare ad unaffermazione di Zarathustra: «Il giallo intenso e il rosso ardente, ecco ciò che vuole il mio gusto, il quale mescola il sangue con tutti i colori».
In quel 1913 la sua pittura, o meglio la sua imagerie, nonostante i primi avvicinamenti teorici al Futurismo rimane ancora più vicina al gusto del grottesco, a certo moralismo dei capricci di Goya, a quello di Daumier, o di Alberto Martini. Stilisticamente, le opere pittoriche del periodo sono plasticamente scultoree, virili, e rimandano a quelle di un Egger Lienz, un maestro dellarea alpina, piuttosto che a quelle dei futuristi. Per la piccola città di Rovereto sono anni cruciali: nonostante la distanza da Vienna, il clima mitteleuropeo mescola influssi sia dallAustria sia dalla vicina Italia. Sono anche gli anni dei primi moti irredentisti e Cesare Battisti tiene già i suoi primi discorsi infiammando le folle.
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