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Giovanni Paolo II e lo Spirito Santo

 Giovanni Paolo II e lo Spirito Santo

«Joseph Ratzinger vuole rendere la Chiesa meno papocentrica. In qualche modo, il carisma personale di Wojtyla ha fatto sì che la Chiesa intera si identificasse in un uomo». Queste parole sono di Vittorio Messori, prima dette in un’intervista e poi scritte in un intervento uscito sul Corriere domenica scorsa.
Poiché sono un po’ incosciente e non me ne importa quasi nulla di essere in linea con l’ortodossia più ortodossa, vorrei dire che il suo intervento non mi è piaciuto. È facile nascondersi dietro gli argomenti inappuntabili, ma ogni tanto bisogna rischiare di essere appuntabili, altrimenti i nostri discorsi finiscono per trasformarsi in tanti sepolcri.
Mi limito alla frase sopra citata. Messori sembra incolpare il carisma di Karol Wojtyla di aver gettato il fumo negli occhi sulla vera natura della Chiesa. Da ragazzo però ho imparato (per l’esattezza al catechismo, tenuto con ferrea ortodossia dall’allora arciprete di Desenzano, monsignor Mario Peruzzi), che si dice carisma un dono dello Spirito Santo alla Chiesa. Ora, mi chiedo dove ha sbagliato lo Spirito Santo, elargendo alla Santa Chiesa un dono che la getta nella confusione. Non vorrei avere capito male: Messori se la prende con lo Spirito Santo? Non credo. Allora si può pensare che Wojtyla abbia fatto un cattivo uso di quel dono, ma anche questo non è credibile. È vero che noi facciamo cattivo uso dei doni di natura, ma dubito che lo Spirito Santo si metta in gioco alla leggera.
Restano due ipotesi. La prima è che il mondo è tanto cattivo e usa in modo cinico la forza di un carisma depotenziandone la portata, riducendo l’amore popolare per quell’uomo a mero culto della personalità. Questo può essere vero, anche se per poter agire il mondo deve trovare nell’uomo di oggi, magari confusamente, una speranza: quella speranza che non il «papato», ma quel preciso papa, con la sua passione per Gesù Cristo, ha saputo comunicare anche a gente lontanissima dalla Chiesa.
C’è anche un’altra ipotesi. Che tanta parte della Chiesa, con la scusa della difesa della propria istituzione, non abbia accettato - lei! - la provocazione di Giovanni Paolo II. Perché accettarla significa accettare il rischio totale di sé, non solo una carriera amministrativa. Dare a Giovanni Paolo II la colpa della scristianizzazione del mondo durante questi decenni sarebbe ipocrita. In questi decenni ci siamo stati anche noi.
Dio fa uso di qualunque carattere umano per l’edificazione della sua Chiesa. Anch’io mi ritrovo maggiormente nel carattere di Benedetto XVI.

Ma anche questo sarebbe solo un partito preso se non nascesse dalla meraviglia per l’opera di Dio e per la sua illimitata larghezza di cuore: una larghezza che fa della fede cristiana una sorpresa continua, anche nel dolore.

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