Giovedì niente trippa: carbonara

Grande giornata quella di giovedì prossimo, 17 gennaio, grazie al Gruppo Virtuale Cuochi Italiani, in arte Givucì, itchefs-gvci.com, associazione che dal mondo di internet sta calandosi, forte di circa 700 iscritti, sempre più nel mondo reale fino a proclamare la Giornata dell’orgoglio cuciniero italiano, ennesima iniziativa privata tanto per confermare la latitanza del versante pubblico. E lo ha fatto lanciando la proposta di preparare sontuosi Spaghetti alla carbonara nei ristoranti amici, ma anche a casa propria fossero chiusi così come in qualsiasi altro angolo dove c’è una testa italiana cucinante, che sia quella di un professionista o di un semplice appassionato.
Il giorno 17 perché, come hanno spiegato bene il presidente Mario Caramella (executive chef dell’Hyatt Regency Hua Hin in Thailandia) e il giornalista Rosario Scarpato, il presidente onorario, «una data di grande valore simbolico: è il giorno della festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici, ma anche dei salumieri e dei macellai. Ed è il giorno in cui per tradizione inizia il carnevale, quando la trasgressione è tollerata e si celebra la buona tavola».
E la tavola italiana gode di ottima salute nel mondo, a patto di essere sovente molto tolleranti con ricette, ingredienti e relative cotture. Da qui l’idea di un International Day of Italian Cuisines (cucine, al plurale come è giusto che sia visto che non ne esiste una unica), sbocciata durante uno scambio di e-mail tra Caramella e Scarpato l’ottobre scorso quando il cuoco se ne uscì con una provocazione: mettersi di riposo sabato 20, in occasione dell’International Chef's day che di tricolore ha ben poco. Da qui l’ispirazione-provocazione: perché non un Italian day?
Ci siamo, anche se sarebbe carino che i nostri cuochi, quasi tutti operativi all’estero dove l’inglese è d’obbligo e non un optional come da noi, si ricordassero dell’italiano anche a livello di lingua usata nel loro sito. Tra i tanti problemi della nostra arte culinaria c’è anche quello del flebile legame tra madre patria e resto del mondo e un diaro only english non aiuta certo a essere letti da questa parte delle Alpi.
Quattro giorni ancora e oltre 120 ristoranti sparsi in 29 nazioni, dall’Austria all’Australia, dal Cile alla Cina, dall’India alla Russia fino al Vietnam, offriranno Spaghetti alla carbonara ai loro clienti. Carbonara perché? Semplice: è uno dei piatti di casa nostra più bistrattati, al punto che qualche buontempone in Svizzera ritiene sia rossocrociato, cliccare in «www.marchidigola.it/2007/08/page/2» e farsi una risata.
Lasciando perdere il folclore, sulla carbonara è facile scannarsi, basta fare un giro nei forum e nei blog, ma non scherzano nemmeno i ricettari più autorevoli. Un’impresa trovarne due con gli stessi ingredienti. Il Cucchiaio d’argento, sul quale si sono formate generazioni di sposine, punta su pancetta, uova intere, metà pecorino e metà parmigiano, burro e un aglio che a tanti suona come un’eresia. Anna Gosetti della Salda, nelle sue stagionate ricette regionali italiane, risponde, tra il resto, con «guanciale (ganascia di maiale), pochissimo strutto (o olio d’oliva o burro), aglio», mentre Ada Boni, nel Talismano della felicità, fa altrettanto con pancetta, burro, un’incredibile cipolla, un famigerato ciuffo di prezzemolo e un assurdo «mezzo bicchiere di vino bianco secco», con un’alternativa magra da evitare, tra latte, gruviera e olio. Elegante invece, nella sua essenzialità, Elena Spagnol che firma In cucina: uova, pancetta magra, burro e parmigiano. Nella Nuova cucina d’oro poi, curata da tutti un po’, compresa la federazione italiana cuochi, fa capolino pure la versione pannosa, quando la panna è il rifugio dei cuochi da strapazzo che temono l’effetto frittata, un gimmick, un trucco giustamente da evitare come rimarca il Gvci nel suo sito.
Capolavoro di nobile povertà, perfetto per il debutto il 17 gennaio, anche se il gruppo guidato da Caramella mi stupisce quando scrive che il consumo medio da noi è di «28 kg of Carbonara a head a year», vorrebbe dire ben oltre due chili al mese o 76 grammi al giorno per 365 giorni. Deve essere saltata una virgola tra il 2 e l’8... Possono invece saltare le marcature da dieta o etichetta davanti a una zuppiera piena di una versione classica o una creativa.

Andrea Berton (Trussardi a Milano) punta su tuorlo sferificato e tartufo bianco, Riccardo Agostini (Il Piastrino a Pennabilli nelle Marche) sulle fave e Massimo Sola (Quattro Mori a Varese) su una salsa uova, latte e panna cotta a 65°, una splendida provocazione. Mai però come Agostini che l’aprile scorso proponeva un Risotto alla carbonara con asparagi selvatici.

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