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Di Girolamo: "Per me compenso da 1,7 milioni"

Per il servizio reso al "gruppo Mokbel" l'ex senatore avrebbe percepito un compenso pari a 1,7 milioni di euro. E' quanto emerge dal verbale dell'interrogatorio fatto all'ex parlamentare dai pm che indagano sul maxiriciclaggio di due miliardi di euro. Il profitto della frode: 360 milioni

Di Girolamo: "Per me compenso da 1,7 milioni"

Roma - Si aggira intorno ad 1,7 milioni di euro il "compenso personale" dell’ex senatore Nicola Di Girolamo, per il "lavoro" reso al "gruppo Mokbel". È quanto risulta dal verbale dell’interrogatorio tenuto dall’ex parlamentare ai pm di Roma, Giancarlo Capaldo, Francesca Passaniti e Giovanni Bombardieri, che indagano sul maxiriciclaggio di due miliardi di euro. Di Girolamo ricevette circa 200 mila euro per l’operazione 'Phuncard', "pur non avendo preso parte attiva all’operazione - afferma - di cui però ero a piena conoscenza", e altri 4 milioni per l’operazione 'Traffico telefonico'. "In realtà - precisa l’ex senatore - secondo la decisione di Gennaro Mokbel di tale compenso doveva rimanere come fondo comune per l’acquisizione di partecipazioni in una Holding costituita a Singapore, la società contenitrice Runa, la somma di 2,5 milioni. Mentre ho ricevuto come quota personale la somma complessiva di 1,5 milioni che mi è pervenuta sulla società Gis".

Così era diviso il profitto Per le operazioni illecite legate alla frode Iva "il profitto era sostanzialmente di circa 360 milioni di euro, di cui a dire del Mokbel circa 140 milioni erano divisi tra il cosiddetto gruppo Mokbel, il cosiddetto gruppo Focarelli ed il cosiddetto gruppo degli inglesi". Così ha spiegato la ripartizione l’ex senatore. Il verbale dell’atto istruttorio è stato depositato al tribunale del riesame. "La restante parte, depurata dai costi di gestione dell’intera operazione (costituzione di società etc.) e dal profitto apparentemente lecito che doveva essere guadagnato dalle società - ha spiegato ancora Di Girolamo - che altrimenti non avrebbero avuto ragione di effettuare quelle medesime operazioni commerciali, era il profitto illecito dei dirigenti delle società telefoniche Fastweb e Telecom Italia Sparkle direttamente coinvolti nelle frodi".

"I dirigenti sapevano" "All’interno di Fastweb e Telecom Italia Sparkle - spiega Di Girolamo - vi erano dei dirigenti ben consapevoli delle illiceità delle operazioni che dovevano consentire di accumulare grosse somme di denaro frutto dell’attività illecita attraverso il meccanismo della frode

dell’Iva. Queste operazioni consentivano alle società di aumentare in maniera rilevante il loro fatturato e di aver dei margini apparentemente legali di guadagno che giustificavano commercialmente le operazioni stesse".  

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