
Non entriamo nel merito di chi abbia ragione, anche perché non è chiaro nemmeno come andrà a finire la faccenda che da un mese tiene banco nel mondo musicale. Parliamo del caso Beatrice Venezi: il direttore d'orchestra che il sovrintendente della Fenice di Venezia, Nicola Colabianchi, ha nominato direttore musicale a partire da ottobre 2026.
La decisione, come si sa, non è piaciuta alle maestranze, in particolare all'orchestra, che non è stata coinvolta in un'operazione così delicata: tra podio e orchestra serve intesa, chimica, bisogna conoscersi, provare, annusarsi. Cosa utile per entrambe le parti. Il risultato? Un teatro ribelle che, per ora, di Beatrice Venezi non vuole saperne: dovendola scegliere a tavolino, senza prova, si appella al percorso, al curriculum. Bocciato. Non c'entrano, assicurano, le simpatie politiche (a destra) della direttrice. E neppure l'età 35 anni viene considerata un problema, di fatto Riccardo Muti a 27 era già al Maggio Musicale Fiorentino, Claudio Abbado a 30 dirigeva i Wiener Philharmoniker su invito di Herbert von Karajan. Quanto all'oggi, Emmanuel Tjeknavorian a 29 anni è amatissimo dalla Sinfonica di Milano.
In soldoni, il teatro ora chiede anche la testa del sovrintendente, ma lui non cede di un passo. E allora? La grande tragedia potrebbe trovare sollievo con l'arrivo di un deus ex machina: si parla di una figura-ponte, un direttore artistico che medi tra sovrintendenza e musicisti. Voci di corridoio romane, per ora. Nel frattempo, giorno dopo giorno, i toni si accendono in teatro e soprattutto sui media. E sono proprio questi ultimi a offrire lo spettacolo peggiore. I toni sono cambiati dal 2021, l'anno in cui Venezi ricevette il Premio Atreju. Fino a quel momento, le interviste erano di tutt'altro genere: Giovanni Floris la invitava a DiMartedì per parlare di leadership al femminile, non di Mahler o Bruckner. Il Corriere della sera, nel 2017, l'aveva inclusa tra le cinquanta donne più creative dell'anno, citando "carriera internazionale e successi come direttrice, compositrice e pianista". All'epoca non emergevano i giudizi, ora taglienti, del mondo musicale. Al netto di chi abbia torto o ragione, perché è uno di quei casi in cui la ragione e il torto non si dividono come una mela - con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro - a colpire è il bipolarismo del giornalismo.
Più chiaro il suo maestro di direzione d'orchestra, Vittorio Parisi, che in un'intervista ha osservato come Venezi "non fosse riuscita a entrare il primo anno, perché era giunta terza ma i posti erano solo due. Entrata l'anno seguente, si era mostrata subito una studentessa diligente, come tanti altri che ho avuto modo di seguire al Verdi.
Come molti suoi compagni di corso ha studiato seriamente e si è applicata assiduamente, portando a termine un buon percorso di studi".Di tutto questo, una cosa è certa: è un gran bel pasticcio, ordito a più mani. La nuova stagione aprirà il 20 novembre con La clemenza di Tito; con quale animo, però, resta da vedere.