Roma - Forse senza volerlo, è diventata una star. Tremilanovecentosettantadue fan su Facebook, centocinquantotto commenti sul blog di Beppe Grillo, trecentoventinove voti al video su YouTube. Magistrato, servitrice della legge, denunciata per abuso d’ufficio dal Pdl. La nuova stella. Di fronte a questa donna evapora la gloria di Luigi De Magistris, sbiadiscono i blazer verdi delle belle hostess Alitalia.
Tra il popolo viola assetato di miti, sulle pagine dei network alla ricerca di talenti da brandire contro il governo Berlusconi, ricorre un nome limpido, quanto sconosciuto, sempre il suo: Anna Argento.
Chi è mai questa signora? Per i frequentatori del tribunale di Roma non è proprio un’estranea: è presidente della prima sezione della Corte d’Assise della Capitale. Non è anonima nemmeno per i responsabili del Pdl che il 27 febbraio a mezzogiorno non hanno consegnato entro il limite orario la lista per le elezioni regionali. Anna Argento era lì, sul luogo del delitto. Toccava anche a lei, perché era di turno, accogliere le liste, verificare, accettare, o rifiutare. E lei ha rifiutato.
La sua verità l’ha raccontata due giorni fa al Tg3. E da allora i «viola», i «grilli», i cacciatori di eroi, sono in visibilio. «Coraggio Anna!». «Ciao Anna, ti voglio bene!». «Son tornate le spedizioni punitive - scrive su Facebook Giovanni Carullo -. Cosa succede in Italia se rispetti la legge? Ti puniscono. È quello che è successo ad Anna Argento».
Il servizio del Tg3 mostra il giudice, una distinta signora dal caschetto biondo, che s’infila la toga nel suo ufficio. Parte la voce della giornalista che racconta. Dopo pochi secondi, il servizio ha un’impennata di interesse. Il fermo immagine è nitido, nonostante l’oggetto particolare sia poggiato contro il muro, in un angolo, capovolto. Quest’oggetto è un ritratto in bianco e nero di Ernesto Che Guevara che fuma il suo sigaro, in una delle espressioni più affascinanti del suo repertorio iconografico. Non è specificato se la stanza mostrata sia quella personale del giudice, comunque il comandante è lì, nell’ufficio del Tribunale di Roma, pronto per essere portato via, spostato, o appeso. Incorniciato con cura, il guerrigliero argentino.
Anna Argento cammina a testa alta accanto allo sguardo suadente del Che. Le immagini subliminali captate dall’inconscio hanno un effetto straordinario sulla mente di chi osserva. Qui tutto è probabilmente casuale, ma insieme perfetto. Anna Argento adesso è perfetta. Soffre un’ingiustizia e lotta, hasta la victoria, siempre.
Rilascia poche battute al Tg3, con pacatezza: «La litigata era già in atto quando noi siamo andati a verificare». Alle 18 ha ricevuto alcuni documenti integrativi dai delegati del Pdl. Non li ha accettati: «Abbiamo risposto che non si può integrare qualcosa che non esiste». La lista di centrodestra non esisteva. Quindi, racconta, è stata denunciata per abuso d’ufficio: «È la prima intervista al mondo che faccio, io parlo con i miei provvedimenti». Poi, una frase finale che nella rete diventerà forse un manifesto: «Ho parlato per dare sfogo a una coscienza che volevo dimostrare di avere».
In realtà questa non è proprio la prima intervista mondiale. Per quattro volte in passato il presidente della prima sezione della Corte d’Assise di Roma ha parlato con una radio. Radio Radicale.
L’emittente di Marco Pannella l’ha sentita anche molto recentemente, il 16 febbraio, sul processo in corso a Roma contro i generali sudamericani accusati di aver ucciso desaparecidos italiani. Altri due interventi hanno riguardato sempre i desaparecidos. Un quarto, nel 2002, il processo Imi Sir Lodo Mondadori. Risulta dal sito di Radio Radicale che Anna Argento fu sentita «in qualità di teste».
Su un neutro blog di Google Arkannen scrive: «Anna Argento se non sbaglio bazzica con i radicali». Un secondo blogger gli obietta che parlare quattro volte con la radio non vuol dire proprio «bazzicare». E il blogger uno risponde: «Dico bazzica perché so che bazzica i radicali. Cmq... ne riparleremo quando la troveremo candidata nelle loro liste».
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