Sono le 19.00 del 25 maggio 2001. Federico E., ispettore di polizia, ha appena lasciato il Palazzo di giustizia di una città della Sardegna. Fa pochi passi e vede due persone che chiedono l’elemosina. La prima indossa abiti stracciati, ha il volto sofferente, è la classica mendicante, l’altra no: è ben vestita e ingioiellata. Strano. La osserva meglio (...) davanti a lui, con la mano tesa, c’è Lucia A., sostituto procuratore della Repubblica. Non ci sono dubbi (...).
L’ispettore (...) scrive il suo rapporto: ha visto un magistrato, in prima linea contro il crimine, chiedere l’elemosina, per di più a due passi dal tempio della giustizia... È facile immaginare che anche i giudici del Csm siano rimasti basiti nell’affrontare un caso così scivoloso... Un magistrato accattone, sia pure per pochi minuti... L’episodio viene ricostruito: Lucia A. ammette tutto offrendo, naturalmente, la propria versione. La storia più o meno è questa: intorno alle 19.00 incontra a due passi dall’ufficio Maria, così si chiama la poveretta, una donna che conosce ormai da 3 mesi. Di lei sa tutto, anche la sua penosa via crucis: una situazione familiare difficilissima, problemi su problemi, uno status economico sul ciglio della sopravvivenza. In tante altre occasioni l’ha aiutata, regalandole gli spiccioli, come spesso capita. Ma quella sera non ha niente in tasca e allora la vicenda prende un’altra piega... (...)
Il magistrato ammette di essersi trovata in una situazione assurda (...) la ragione va cercata «in uno stato di stress non tanto a causa del lavoro quanto a un malessere interiore». (...) Il difensore del Sostituto procuratore sottolinea «la forte tensione solidaristica che anima la dottoressa verso persone in condizioni di miseria materiale e spirituale»; poi si sofferma «sulle particolari condizioni di salute in cui versava in quel periodo la nominata».
(...) Un magistrato che va in strada a chiedere l’elemosina e sta male, può continuare a fare il magistrato? (...) Il Csm studia in profondità la pratica. E di fatto si àncora per la decisione alle conclusioni cui è giunto il perito. Che afferma: «La condotta sintomatica del 25 maggio 2001 si iscrive... a partire proprio dalla devastante esperienza depressiva che aveva presentato i caratteri di un collasso dell’io, in una sorta di emorragia dell’autostima, dai riflessi anche sulla percezione del proprio ruolo sociale e della propria identità professionale». Il Csm (ha) preso atto di questa diagnosi(...) e la pratica è stata archiviata. Alla fine, il dossier torna nelle mani della Disciplinare che il 7 luglio 2006 emette la sentenza. Un verdetto che ogni lettore giudicherà come riterrà. Lucia A. viene assolta «per aver agito in stato di incapacità di intendere e di volere...
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