RomaTutti sì in Consiglio dei ministri, e dopo il voto ci scappa pure un applauso per Angelino Alfano. Il Cavaliere è incerottato e raggiante. «È un momento storico, questo provvedimento è una svolta, è un punto qualificante della nostra azione di governo. Abbiamo raggiunto un obbiettivo che inseguivamo da vent’anni». E Ruby quanto c’entra? «Zero - risponde -. La riforma della giustizia è una cosa pensata dal 1994, anzi, se ci fosse stata prima, non avremmo mai avuto Tangentopoli». E sulle sue vicende giudiziarie, «stavolta mi prenderò la soddisfazione di essere presente ai miei processi, verrò assolto e potrò spiegare agli italiani come stanno le cose».
Ma questa, insiste Silvio Berlusconi, «non è una legge ad personam, è una legge per tutti». Per farsi capire, tira fuori due disegni: nel primo la bilancia pende da una parte perché giudice e pm sono nello stesso piatto e l’avvocato nell’altro, nel secondo c’è equilibrio perché ognuno sta al suo posto. E proprio questo, «il giusto processo» secondo il premier è il cardine della riforma: «Il procedimento non deve soltanto essere portato a termine in tempi ragionevoli, ma deve garantire il contraddittorio e la parità tra accusa e difesa. È un diritto per tutti».
E c’è un altro punto che sta particolarmente a cuore al presidente del Consiglio, «la regolamentazione dell’appellabilità delle sentenze di assoluzione». Se un cittadino verrà assolto, non dovrà più restare alla sbarra. «Oggi invece succede che viene processato in appello e in terzo grado e si ritrova la vita completamente rovinata. Lui, la sua famiglia, le sue finanze». Insomma, «è una riforma organica, di prospettiva e di profondo cambiamento. Una riforma costituzionale, che sarà affidata a dieci leggi di applicazione che avranno percorsi singoli e che presenteremo in successione alle Camere».
Non sarà una passeggiata. Pd e Idv già annunciano battaglia e il terzo polo ha «molti dubbi». Luca Palamara, presidente dell’Anm, parla di sciopero: «Non escludiamo nessun tipo di protesta. Il 19 riuniremo il comitato direttivo e decideremo».
Berlusconi promette dialogo: «Faremo di tutto per poter discutere queste norme con l’opposizione e con i magistrati, se ne occuperà il ministro della Giustizia. Del resto certi temi sono stati portati avanti per cinquant’anni proprio dalla sinistra». E, ripete, sbaglia chi collega «una riforma necessaria» con i suoi guai giudiziari: «Ho destinato la domenica alla preparazione e il lunedì alla mia presenza nelle aule dei tribunali. Non mi sono mai occupato prima di queste cose, perché ho garantito giurando sui miei figli e i miei nipoti che le accuse sono fondate sul nulla. Ho la pretesa di essere assolto, come è accaduto 24 volte su 30 nei processi che mi sono stati organizzati contro e come farò per quelli che mi restano».
La battaglia è solo all’inizio, dall’opposizione non si scorgono aperture. Pier Luigi Bersani prevede che «si butterà la palla avanti per due anni con una discussione a vuoto mentre i problemi veri della giustizia saranno dimenticati». Duro Massimo D’Alema: «Prima di parlare di riforma servono le dimissioni del premier». Durissimo Antonio Di Pietro: «È una riforma talmente antidemocratica da stravolgere lo Stato di diritto». Più prudente Pier Ferdinando Casini. «La Costituzione non è un tabù ma le parole di Berlusconi su Tangentopoli sono inquietanti». E per il segretario dell’Anm Giuseppe Cascini «la riforma è punitiva e riduce le garanzie dei cittadini».
Tocca al Guardasigilli rispondere a tutti. «Al centrosinistra dico che la riforma non è intoccabile e che siamo aperti a un confronto sul merito. Poi vorrei precisare che i suoi contenuti non si applicano ai processi in corso. L’Anm? Arrivano critiche precotte. I magistrati tengano conto che si tratta dell’applicazione di un programma di governo votato da milioni di cittadini».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.