Politica

Giustizia, i magistrati ricattano il governo

Allarme indulto: il 60 per cento dei processi in corso riguardano reati con condanne che saranno condonate

Marianna Bartoccelli

da Roma

I magistrati, almeno quelli che si sentono rappresentati dall’Anm, pongono un aut-aut al governo. Si asterranno da qualunque forma di protesta e anche dallo sciopero già previsto contro la legge dell’ordinamento giudiziario varata dall’ex-ministro Castelli, a patto che il governo Prodi e il Parlamento adottino il provvedimento di sospensione della riforma Castelli entro il 28 ottobre. E visto che il ddl di Mastella sulla sospensione è già in aula, il direttivo dell’Associazione nazionale magistrato, che si è riunito ieri, ha dato incarico alla giunta «di vigilare l’iter del ddl Mastella». E se in Senato, dove già martedi è previsto il voto, il decreto non dovesse passare, il parlamentino delle toghe verrà riconvocato con provvedimento di urgenza, per decidere nuove giornate di sciopero.
Per i magistrati quella data è determinante perché il 28 ottobre entrerà in vigore la norma che riguarda la cosidetta separazione delle carriere tra giudicante e requirente. Norma tra le più contrastate dall’Anm che la considera «contraria ai principi costituzionali e alle esigenze di efficace funzionamento della giustizia». Il parlamentino dei magistrati ha sottolineato che giudica positivo il ddl presentato da Mastella, ma il presidente dell’Anm, Giuseppe Gennaro, specifica «di non essere in alcun modo favorevole a sospensioni ripetute e illimitate e di volere in tempi brevi l’approvazione di una vera riforma dell’ordinamento giudiziario». E ha aggiunto: «Ci attendiamo risposte coerenti con gli impegni presi dal governo. Non possiamo dire di attendere con serenità e fiducia, perché siamo preoccupati per l’esito del dibattito. Valuteremo a conclusione». Per l’Amm siamo in una «vera e propria emergenza determinata dall’entrata in vigore di una legge di riforma sbagliata, paralizzante e controproducente».
Il segretario dell’Anm, Nello Rossi ha posto l’accento su un «paradosso» determinato dalla nuova rifoma: «Da una parte - ha detto - taglio dei fondi alla giustizia e, dall’altra, mantenimento di immensi sprechi. L’intera disciplina processuale è fitta di duplicazioni, di formalismi astrusi, di garanzie cartacee. Insomma, enormi dispersioni di risorse su cui la giunta dell’Anm ha avviato una riflessione e messo in cantiere un’attività di studio».
Lo sperpero di denaro preoccupa anche il sostituto procuratore Carlo Fucci, che lancia accuse precise per gli effetti dell’indulto: «Il 60 per cento dei processi in corso di svolgimento sono per reati le cui condanne verranno condonate per effetto dell’indulto. Ciò significa che noi portiamo avanti dei processi che costano moltissimo denaro alle casse dello Stato e poi, sostanzialmente, non arriviamo a niente, perché l’imputato si vedrà condonare la condanna». Per l’Anm diventa quindi necessario varare adesso l’amnistia. Anche se come afferma Fucci: «L’amnistia è una sconfitta».
All’ordine del giorno anche la questione delle intercettazioni, che da Nello Rossi sono state definite «criminali» e coinvolgono sia i magistrati che i giornalisti.
È stato quindi annunciato un convegno (previsto per la fine di ottobre) promosso dall’Anm con la partecipazione della Federazione nazionale dei giornalisti.
Pur avanzando con forza la richiesta di stoppare la riforma Castelli, il direttivo dell’Anm ha voluto in qualche modo aprire anche all’attuale opposizione, chiedendo nel documento finale «l’appoggio di governo e forze parlamentari».

All’inizio, nella prima versione del documento, si era parlato di «maggioranza» ma poi, con un emendamento, la parola è stata cambiata: si sono infatti accorti che così facendo si poteva sembrare «chiusi» nei confronti di alcuni settori dell’opposizione, che hanno invece mostrato, secondo i magistrati, «aperture nei confronti delle nostre richieste».

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