Roma È il giorno decisivo per il processo breve e l’aula della Camera si riempie fin dal mattino in tutti i suoi ordini di posto. L’atmosfera è quella delle grandi occasioni, la tensione è palpabile e di fronte a uno dei tornanti più delicati della legislatura il lavoro da «buttadentro» dei vicecapigruppo appare particolarmente delicato. L’incipit della giornata detta, però, subito un messaggio chiaro. Nella prima votazione con 18 voti di differenza, l’aula respinge la richiesta avanzata da Giorgio La Malfa di invertire l’ordine del giorno.
È il segnale che la maggioranza è compatta e pronta alla «battaglia» come testimonia anche il tutto esaurito sui banchi del governo. Per tutta la giornata si susseguono le votazioni a raffica sugli emendamenti. Fila tutto liscio tanto che i rappresentanti dell’opposizione iniziano ad abbandonare le posizioni e vanno ad abbracciare la piazza. Davanti a Montecitorio c’è infatti il sit-in del Popolo Viola: i manifestanti innalzano i cartelli di protesta e i rappresentanti di Pd, Idv e Fli si fanno vedere tra i dimostranti. Passa anche Daniela Santanchè e la temperatura si alza subito, con un’accoglienza a base di insulti e volgarità. «Venduta, vergogna, fai il bunga bunga» le gridano. E poi l’offerta di dieci euro corredata dalla frase «prenditi pure questi».
Nel primo pomeriggio le opposizioni esauriscono i tempi a loro disposizione. Prima che scocchi l’ultimo rintocco prendono, però, la parola in rapida successione Pierdomenico Martino e Francesco Saverio Garofano, deputati Pd uniti dalla presenza nella lista di Gianfranco Lande, il cosiddetto «Madoff dei Parioli». Una circostanza curiosa che accende inevitabili battute. Ma c’è ancora la mozione della visibilità con cui fare i conti. Gianfranco Fini chiede ai presidenti dei deputati di fare una scelta: o si va avanti nel dibattito ma si perde la diretta tv (e al massimo si potrà arrivare alle 23) o si accetta la finestra che offre la Rai dalle 19 per votare in quel lasso di tempo davanti alle telecamere. I responsabili dei vari gruppi optano per la diretta tv.
A metà pomeriggio il «D-Day» ha il suo culmine. Arriva, infatti, il via libera all’articolo 3 sulla prescrizione breve, considerato il cuore del provvedimento in quanto accorcia i tempi della prescrizione per gli incensurati. Il risultato d’aula è 306 a 288. Ma per la maggioranza il vero «colpaccio» è quello messo a segno su un emendamento proposto dall’Idv proprio all’articolo 3. Il Pd chiede il voto segreto e la maggioranza non solo non perde consensi ma li guadagna arrivando a toccare quota 316. Con il centrodestra si schierano, nascosti dall’anonimato, alcuni deputati dell’opposizione, e il centrodestra supera di sei voti la quota massima di 310 ottenuta durante le votazioni a scrutinio palese. Il boato della maggioranza è inevitabile e il Pdl legittimamente esulta. «Spero che l’opposizione provi il senso del ridicolo per quanto accaduto» dice il vicecapogruppo Pietro Laffranco. «Hanno fortemente voluto che l’emendamento chiave fosse votato a scrutinio segreto e dopo giorni di appelli alle nostre coscienze la maggioranza ha ottenuto una decina di voti in più. Evidentemente le coscienze a sinistra, fuori dalla retorica, hanno votato a favore di un provvedimento che è cosa assai diversa da quanto raccontato dai piazzisti dell’opposizione». Chi, a sinistra, dimostra di avere una coscienza è invece Rita Bernardini. La parlamentare ascolta la collega Elisabetta Rampi ricordare come «di amnistia sostanziale abbia parlato il Csm ancor prima di noi». Un richiamo che all’ex segretario di Radicali Italiani non va proprio giù. «Troviamo del tutto improprio il pronunciamento del Csm su questa legge. Esiste la separazione dei poteri e questo è un cardine della democrazia. La magistratura deve applicare le leggi non pronunciarsi su di esse». Pagina buia di giornata è invece il coro «P2, P2» rivolto verso Fabrizio Cicchitto dall’opposizione, a cui si unisce anche Rosy Bindi. Una protesta la sua tanto più grave visto che in quel momento si trova a presiedere l’aula e che per Raffaele Fitto dimostra «con quale terzietà sia stata condotta l’aula in queste ore».
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